Un gruppo di ricercatori spagnoli ha recentemente stimato che circa il 2% delle morti totali, avvenute dall’origine della nostra specie ad oggi, sono dovute alla violenza tra individui.
La ricerca suggerisce che i mammiferi, in particolare i primati, sviluppano intrinsecamente uno spirito di competizione che può portare ad episodi di violenza, anche se non è chiaro se questo fenomeno sia dovuto a fattori genetici o meno.
“La violenza letale – spiega il promotore dello studio, il professor José María Gómez – è da sempre stata parte della nostra storia evolutiva, sebbene non è una tendenza incastonata nei nostri geni. Il livello di violenza è influenzato in gran parte dal modo in cui l’essere umano organizza la vita comunitaria in società”.
La ricerca prende come campioni in esame circa 1020 specie animali e circa 600 popolazioni umane partendo dall’età della pietra fino ad arrivare a oggi, analizzando svariati resti archeologici.
Per ogni specie di mammifero i ricercatori hanno prestato attenzione al numero di morti riconducibili alla violenza tra membri delle stesse specie. Sono arrivati alla conclusione che alcuni mammiferi, come i primati, sono più predisposti a questo tipo di atteggiamento rispetto ad altri, come le foche o i pipistrelli. In generale, i tratti violenti sono più comuni negli animali che hanno un atteggiamento territoriale e sociale più marcato.
Insomma, il modo in cui i rapporti tra individui sono regolati dalla società rappresentano un fattore cruciale per il controllo dell’aggressività umana. I dati della ricerca dimostrano che nelle società moderne i numeri di decessi di natura violenta sono meno del 2% del totale, ovvero molto meno dei dati relativi a circa 500-800 anni fa, e leggermente inferiori a quelli relativi all’età preistorica.
Risulta evidente come durante il periodo del Medioevo, classificato dagli storici come l’epoca oscura dell’umanità, le forti instabilità politiche e sociali siano andate di pari passo con gli atteggiamenti aggressivi con i quali gli individui cercavano di risolvere i propri problemi.
Dallo studio è emerso inoltre che nelle comunità non centralizzate, caratterizzate da poteri a sistema diffuso ed organizzazione in tribù e clan di piccole dimensioni (come avveniva nella preistoria), le azioni violenti erano di gran lunga inferiori.
Evidentemente il fatto che i numeri ai giorni nostri risultino relativamente bassi si deve al maggior controllo a livello giudiziario, e più generalmente ad una evoluzione della società e del modo di “vivere inseme”.