In un momento di stagnazione economica come quello che stiamo vivendo è complicato elaborare ricette che conducano velocemente al di fuori del tunnel in cui siamo incastrati ormai da troppi anni. La disoccupazione giovanile a dicembre 2013, secondo i dati Istat, ha raggiunto quota 41,6%, si contano 4 milioni 388 mila giovani inattivi aventi un’età compresa tra i 15 e i 24 anni, dato che ha subito un incremento di 0,5 punti percentuali rispetto a dicembre 2012. Il tasso di disoccupazione calcola la quota di disoccupati sul totale della popolazione attiva, da cui sono esclusi ad esempio gli studenti. Ciò non riduce la gravità del dato, ma la precisazione risulta fondamentale onde evitare facili strumentalizzazioni.
Estraniandoci per un attimo dall’eterna diatriba tra sostenitori dell’austerità e simpatizzanti delle espansioni fiscali, la domanda che sorge spontanea è: “in passato, come si è usciti dalle crisi?”. Consideriamo, ad esempio, la condizione di estrema difficoltà economica in cui si svegliò la Corea all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale. Il Paese era distrutto, catapultato all’indietro nel tempo di decine di anni.
Negli anni ’60 la ripresa economica della Corea del Sud fu guidata dal cosiddetto Chaebol, insieme di conglomerati appartenenti ad alcune dozzine di famiglie e sostenuti da finanziamenti governativi, a cui appartengono imprese di fama internazionale come Samsung , Hyundai e LG. Una cultura tradizionalmente caratterizzata da una generale avversione al rischio e intransigenza nei confronti del fallimento, nel cui contesto generazioni di giovani sono stati spinti con forza dai loro genitori verso gli studi universitari con l’obiettivo di lavorare in futuro per Chaebol. La traduzione coreana dell’aspirazione al posto fisso ha creato un eccesso di offerta di laureati e il conseguente innalzamento del tasso di disoccupazione relativo. Una vera e propria “bolla dell’istruzione”. Si pensi che in Corea del Sud ben l’80 % dei giovani diplomati decide di continuare gli studi, un primato rispetto a tutta l’area OECD. E se il posto di lavoro non c’è, quale alternativa rimane se non crearselo? Tra il 2008 e il 2012 in Corea si è infatti verificata una crescita esponenziale del numero di startup che sono passate da 15.000 a 28.000 unità.
Ecco allora le 4 lezioni che le startup italiane dovrebbero imparare da quelle coreane.
1. CAPIRE IL DIVARIO
I giovani imprenditori coreani vivono in una società altamente tecnologica caratterizzata da una domanda costante di maggiore efficienza che abbraccia ogni istante della vita quotidiana. La società in cui le startup nascono è veloce, frenetica e vanta il maggior tasso di proprietà di smartphones al mondo. È così che le idee imprenditoriali nascono e si evolvono, creando continuamente applicazioni, nel tentativo frenetico di risolvere bisogni in costante evoluzione.
2. UTILIZZARE IL BUON SENSO
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale ciò che i coreani fecero più di tutto fu guardarsi intorno, cercare ciò che il mondo aveva da proporgli e da offrirgli. Fu così che diedero vita ad una delle migliori metropolitane al mondo. La metropolitana di Seul e Busan è infatti un puzzle dei migliori elementi che è possibile trovare sparsi nelle subways di città come New York, Londra, Parigi, Milano a cui sono stati aggiunti la convenienza e il comfort coreani: Wi-Fi gratuito, sedili con temperatura regolabile e grandi mappe interattive per i turisti.
3. SVILUPPARE PREVISIONI
È importante ricordare che le grandi multinazionali appartenenti al gruppo di Chaebol sono state in origine anche loro startup. Ciò che sono state in grado di fare è stato predire la direzione in cui il Paese stava andando, i bisogni che sarebbero nati dalla necessità della ricostruzione. Un esempio è Hyundai Heavy Industries, leader mondiale nella costruzione navale, che ha saputo anticipare la necessità di porsi in prima linea nella costruzione di containers attraverso cui il commercio mondiale sarebbe stato presto rivoluzionato.
4. ACQUISIRE VISIBILITÀ
L’obiettivo dei produttori coreani non è solo quello di raggiungere nuovi consumatori domestici o internazionali, ma anche quello di attrarre le risorse economiche di acuti investitori attraverso cui sviluppare innovazione e continuare a crescere. È con questo scopo che partecipano a grandi eventi e conferenze mondiali come, ad esempio, il SXSW (South by Southwest) un festival dedicato a musica, film e nuove tecnologie che si tiene ogni primavera ad Austin, in Texas. A livello nazionale, particolare importanza rivestono le iniziative volte a migliorare lo spirito imprenditoriale dei giovani. Asan Nanum Foundation, fondata dal gruppo Hyundai, ne è un esempio: la fondazione infatti ospita annualmente una competizione tra startup e garantisce ai vincitori le risorse necessarie per iniziare la loro attività.