I mercati azionari riflettono, in aggregato, le aspettative e le preferenze del pubblico di investitori. Reagiscono agli avvenimenti quotidiani del nostro mondo in modo non dissimile da come fanno gli individui, e il loro andamento puo’ essere una buona misura dell’evoluzione del “sentimento comune” nel tempo. Molto spesso si sente infatti parlare di ottimismo, fiducia, prudenza dei mercati, quasi si trattasse di entità a sé stanti dotate di capacità di intendere e di volere proprie. La cosa a prima vista sembra piuttosto peculiare.
Esempi. Se la Russia dichiara guerra alla Georgia, come successo nel 2008, i mercati scendono. Se la Siria usa armi chimiche, o anche solo se si pensa che le abbia usate, i mercati scendono. Se l’Istat dichiara che il PIL italiano e’ cresciuto del 10% nel 2014 – non e’ successo, e’ solo un esempio – i mercati salgono, molto. Da un punto di vista meccanico si tratta di fenomeni di azione-reazione basati su un ipotetico sistema binario “cattiva notizia – buona notizia”. Giusto per dovere di completezza, i mercati in genere reagiscono bene alle buone notizie e male alle cattive notizie. Quando una notizia è “così-così” le conseguenze sono meno nette, non avendo gli investitori aspettative precise – modo elegante per dire che nessuno ha idea di cosa stia succedendo. Ad ogni modo, da un punto di vista teorico, i mercati azionari dovrebbero essere razionali . Ovvero, cambiamenti negli indici azionari dovrebbero riflettere cambiamenti sostanziali nelle attività reali sottostanti da cui dipendono. Per esempio, le azioni ordinarie Fiat dovrebbero crescere in valore se le vendite crescono.