Viene da lontano, dal 1942 quando alla Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSCIA di Parma) si testarono gli scarti della lavorazione del pomodoro come possibile carburante, la storia della prima bio-vernice ricavata dalla buccia del pomodoro, destinata ai contenitori metallici.
Sviluppato a partire dal 2011 nei laboratori di SSCIA, il progetto Biocopac, che ha vinto uno dei bandi del Progetto europeo Life per 1 milione di euro, sviluppato in coordinamento con centri di ricerca europei ed imprese (alimentari, di imballaggio, produzione vernici, utilizzo biogas), parte dalla estrazione di cutina dalle bucce, un biopolimero già messo alla prova (con successo) su bande stagnate, acciaio, alluminio. Risponde bene ai test di adesione e corrosione e se ne utilizzano da 5 a 15 grammi al metro quadrato in funzione del grado di aggressività relativa dell’alimento; i costi non dovrebbero superare quelli delle resine oggi utilizzate: da 3 a 4 euro al chilo.
A breve inizieranno i test sugli alimenti. Si riducono i rifiuti da smaltire e le emissioni di CO2 legate alla produzione di resine epossidiche. Dal prossimo gennaio, in Francia saranno eliminati gli imballaggi verniciati con resine che possano rilasciare bisfenolo A (un monomero, ora sotto controllo internazionale), aprendo così spazi importanti per il “Biocopac” nel mondo dell’imballaggio. Con 21 milioni di pomodoro processato annualmente nella UE, le aspettative che si ripongono su Biocopac sono evidenti. Il pomodoro, dolce nome per un dolce sapore; e non se ne butterà via nulla.
“Bella, in passerella” è la rubrica che vuole far conoscere casi di successo di imprese italiane, che sono tante ma sembrano “merce rara” in un paese che sta perdendo la capacità di riconoscere le eccellenze di tecnologie, “saper fare”, piccoli e grandi “campioni”, uomini e donne che ogni giorno lottano perché credono nelle loro capacità. Belle imprese. Da passerella.