Bucarest Come Non l’Avete Mai Vista: Intervista a Robert Casmirovici

Il suo nome deriva dalla parola rumena “bucurie”, che significa gioia, felicità. Eppure, girando per le strade del centro, si ha la sensazione di fare un passo indietro lungo circa 30 anni. Bucarest, capitale della Romania dalla seconda metà dell’800, è una città dalle mille contraddizioni. Ampi viali e gloriosi edifici della Belle Epoque si scontrano culturalmente e artisticamente con l’architettura comunista di fine ‘900. La neonata commercializzazione del centro fa a cazzotti con la periferia diroccata, dove ancora sono presenti edifici abbandonati, che fanno per lo più da casa a cani randagi e tossicodipendenti.

Mille volti di una stessa realtà, difficile da comprendere fino in fondo per chi decide di passarci solo qualche giorno. Molto più semplice, invece, per chi ci vive. Come nel caso di Robert Casmirovici, giovane fotografo romeno. Robert ha 25 anni e da qualche tempo ha avviato un progetto fotografico, chiamato Gelotophobia, volto a mostrare i mille volti architettonici della sua città, per far vedere al mondo intero che, nonostante un trascorso politico massacrante, la bellezza della sua città non è mai andata perduta.

Noi di Smartweek ci siamo fatti guidare da lui per la città. Questa è stata la nostra chiacchierata.

Robert, cosa fai a Bucarest?
“Do libero sfogo alla mia creatività attraverso le mie passioni: sono un fotografo autodidatta e un film-maker”.

Quando è nata la tua passione per la fotografia?
“Tutto è cominciato circa 7 anni fa, quando ho cominciato a voler conoscere meglio la mia città. Un’esplorazione urbana che mi ha portato a scoprire la fotografia, che, scatto dopo scatto, è diventata una vera e propria passione. E’ un modo alternativo per scoprire meglio il mondo che mi circonda”.

A chi ti ispiri nel tuo lavoro?
“Se dovessi scegliere un artista, sceglierei sicuramente la coppia Bernd & Hilla Becher. Quello che amo della mia città sono i contrasti. Soprattutto in inverno”.

Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
“Anche se ho sperimentato spesso diversi stili e soggetti (da istantanee urbane a ritratti), i miei soggetti preferiti restano le costruzioni. Gli edifici, la loro squadratura. La città”.

In cosa consiste il tuo progetto Gelotophobia?
“Gelotophobia è una delle mie più grandi paure: la paura di non essere preso sul serio. Un sentimento che si è evoluto in un progetto fotografico, che pone lo spettatore di fronte alle immagini più semplici e comuni: gli edifici che lo circondano”.

Qual è lo scopo di queste foto?
“Credo che molte persone non guardino intorno a loro. Ecco, io cerco di farlo, mostrando loro il mondo così com’è. Ovviamente mi piace farlo attraverso diverse texture: freddo, contrasto, antico, moderno e decadente. Proprio come le persone. Frammenti di vita”.

E’ un progetto che in futuro ti piacerebbe portare fuori dalla tua città?
“Sicuramente, in futuro, mi piacerebbe esportarlo anche in altri Paesi. Al momento, però, non ho tempo”.

Pensi di apportare delle modifiche in futuro ai tuoi scatti? Magari cambiando i soggetti…
“Ho molte idee a riguardo. Gelotophobia è in continua evoluzione e sono curioso di vedere fino a dove posso spingermi”.

Che programmi hai per il futuro?
“Molto lavoro, mostre, e probabilmente il passaggio alla fotografia analogica”.