Uno dei punti che ha generato più malumori della tanto criticata ‘Manovra Monti’ del 2011 è sicuramente la prescrizione con decorrenza immediata a favore dell’Erario delle banconote, dei biglietti e delle monete in lire ancora in circolazione.
Dal 2012 l’Avv. Marcello Pistilli sta assistendo un gruppo di risparmiatori in un’azione giudiziaria contro lo stop anticipato alla conversione lire-euro, originariamente prevista per il 28 febbraio 2012, contestando la mancata informazione e l’estinzione tout court del diritto di conversione dei cittadini. “Un furto autorizzato a danno degli ignari contribuenti” come è stato definito da Federcontribuenti. Una battaglia legale che ha trovato il proprio combustibile nella delusione e nella rabbia dei contribuenti che, per motivi personali, attendevano il 28 febbraio 2012 per convertire i propri risparmi: oltre un miliardo e mezzo di euro che incredibilmente, è finito nelle casse dell’Erario.
Ma potrebbe esserci di più dietro l’art. 26 del tanto contestato decreto “Salva-Italia” voluto dall’ex premier Monti. Parliamone con l’avvocato Pistilli, che, sia in qualità di esperto in diritto bancario e collaboratore di diverse associazioni di consumatori come Altroconsumo e I.N.A.A.T.C Onlus, sia quale legale potrà meglio chiarire alcuni aspetti della vicenda.
Avv. Pistilli, siccome l’informazione a riguardo scarseggia, persino sul web, ci spieghi com’è stata avviata l’azione giudiziaria in relazione all’art. 26 del decreto “Salva-Italia”.
Tutto ebbe inizio intorno alla fine del dicembre 2011 allorquando il Governo Monti, per tranquillizzare l’Europa e constrastare lo spread che stava registrando livelli non trascurabili, decise di far cassa, rimpinguando il Fondo d’Ammortamento dei Titoli di Stato con denaro liquido. In sostanza è come se il Premier avesse detto all’Europa: “Comprate i nostri titoli di stato italiani. Lo Stato Italiano è solido e il “Fondo di Ammortamento dei Titoli di Stato” è ben capitalizzato”. Dove trovare questo denaro pubblico? Monti pensa bene di “espropriarlo”, per utilizzare un’espressione del Tribunale di Milano, ai legittimi possessori di lire che avevano deciso di attendere il 28 febbraio 2012 per richiederne la conversione in euro. Tale diritto alla conversione era stato conferito ai risparmiatori dall’articolo 87 della legge 289 del 2002 (Legge Finanziaria 2003). Con questa legge il legislatore attribuiva alla Banca d’Italia un’obbligazione ex lege assegnandole l’onere di convertire “a vista”, quindi a qualunque persona si presentasse presso i suoi sportelli, le lire in euro.
Tale norma permetteva la conversione della vecchia moneta dal 28 febbraio 2002, al 28 febbraio 2012. Esattamente 10 anni.
Tuttavia, con il provvedimento del 6 dicembre 2011, il Governo Monti, recide in tronco il diritto dei possessori di lire a convertirle in euro entro i termini inizialmente previsti. L’operazione passò quasi inosservata, finché alcuni curiosi (tra cui il sottoscritto) non si presero la briga di sbirciare nel bilancio della Banca d’Italia per verificare quale fosse effettivamente questo controvalore in euro ancora da convertire.
L’importo in questione era circa 1,6 miliardi di Euro. Attenzione, però, la posta passiva del bilancio della Banca d’Italia riguarda solo le banconote, ma non prende in considerazione le monete metalliche ancora non convertite. Il controvalore di tali monete non sembrerebbe essere stato messo a bilancio. Le conseguenze sono facilmente intuibili.
Moltissimi possessori di lire a questo punto insorgono. Percepito il malcontento, ho segnalato la questione su alcuni magazine e blog online. In seguito a queste segnalazioni sono stato contattato da molti risparmiatori per assisterli in un’azione giudiziaria contro la Banca d’Italia rea di avere dato seguito a un provvedimento legislativo illogico ed irrazionale.