Carditello, la Reggia Borbonica della Speranza

Nel corso di tutto il XVIII secolo la dinastia dei Borboni fece erigere ben 22 dimore reali in ogni parte del Regno delle sue Sicilie, edifici che costituiscono l’incarnazione dell’architettura neoclassica al suo apice: dal Palazzo Reale di Napoli, alla Reggia di Capodimonte, fino ad arrivare alla Reggia di Caserta, la più celebre in assoluto. All’interno di tale disegno nel 1793, Carlo di Borbone commissionò all’architetto Collencini (allievo del Vanvitelli) la costruzione della Reale Tenuta di Carditello, nel bel mezzo della Piana campana, presso San Tammaro (CE).

Inizialmente venne concepita come villa di campagna per battute di caccia; qualche anno più tardi, sotto la brillante gestione di Ferdinando IV, da reggia di campagna fu trasformata in una delle più grandi aziende agricole illuminate di tutta Europa, esempio di imprenditoria casearia (non è certo un caso che la pregiata mozzarella di bufala trovi proprio qui i natali) e di allevamento di selezionate razze equine. Un sito di ben 2000 ettari, punto di riferimento economico e culturale per l’intera regione campana. Successivamente, però, il destino per Carditello si è rivelato ben più oscuro: con l’unità d’Italia, infatti, passò nelle mani dei Savoia, troppo distanti per interessarsene, per poi essere donata all”Opera Nazionale Combattenti” nei primi anni ’20, ed, in seguito, venne occupata dalle truppe naziste che la resero il centro direttivo della campagna bellica tedesca nel Sud Italia. Gli svariati ettari furono lottizzati e venduti, i preziosi tesori custoditi dalla reggia trafugati da chiunque ne avesse la possibilità. È proprio dalla fine della Seconda Guerra Mondiale che la Reggia inizia a trovarsi in un assoluto stato di abbandono, incuria e saccheggio.

Da florido centro rurale ottocentesco a grottesca rovina, tra continui rimpalli di responsabilità da parte delle amministrazioni pubbliche competenti, a tal punto che, dopo il commissariamento da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è recentemente stata messa all’asta, nella speranza che qualche privato avesse l’intenzione di acquistarla. Vendita che avrebbe rappresentato un’enorme sconfitta per lo Stato: l’incapacità di sfruttare un’importantissima risorsa culturale e, quindi, turisticamente redditizia. Numerose associazioni cittadine locali nel corso degli anni si sono impegnate, del tutto gratuitamente, nel cercare di limitare gli effetti dell’usura del tempo sull’inestimabile struttura e nella riduzione dei continui furti, non solo di marmi, stucchi e sculture, ma persino dello stesso impianto di videosorveglianza, anch’esso rubato. Contro ogni previsione nel gennaio scorso, dopo qualche incanto andato deserto, la Reale Tenuta è stata acquistata dal Ministero dei beni culturali (grazie al determinante impegno dell’attuale ministro Bray) per 11,5 milioni di euro. Cifra notevole se si considerano gli ingenti lavori di restauro di cui Carditello oggi necessita. Ulteriore promettente notizia riguarda l’immediato stanziamento da parte del Ministero dei primi 3 milioni destinati proprio all’avvio dei lavori. Ma è solo l’inizio di un percorso molto accidentato: oltre al ripristino dell’antico splendore della Real Delizia, infatti, sarà necessaria anche la bonifica del territorio avvelenato circostante e, specialmente, si dovranno riuscire a sottrarre i finanziamenti e gli appalti per il restauro alle potenti organizzazioni criminali locali. I nemici più insidiosi, l’indifferenza generale e l’inoperosità delle istituzioni che avrebbero dovuto proteggere questo sito, sono stati, però, definitivamente sconfitti. Non resta che sperare in una reale rinascita.

Photo credit: Fiore S. Barbato / Foter / CC BY-SA