Il collo di mio padre giace sereno sulla poltrona; un’ennesima giornata di lavoro è trascorsa.
Scruto con attenzione le rughe lievi sul suo volto, approfittando della sua distrazione; mi chiedo quante cose abbiano visto in oltre mezzo secolo quegli occhi grigi.
Lui si accorge del mio sguardo e mi chiede cosa stia cercando; gli chiedo di parlarmi ancora una volta di quando c’erano “loro”.
L’Italia e l’Albania sono separate da una lingua di mare di poche decine di chilometri, eppure le loro storie non sarebbero potute essere più diverse neanche se vi fosse stato un oceano tra loro.
Mentre negli anni recenti i confini nazionali hanno più consistenza politica che culturale, la questione era molto diversa durante il ‘900, sino agli anni ’90.
I Balcani, in particolare, costituivano l’avanguardia dell’impero comunista che si affacciava sull’occidente, quasi il muro di Berlino si estendesse sino al cuore del Mediterraneo.
Ma com’era, effettivamente, la vita al di là del muro?
ABBIGLIAMENTO
Immagina un’intera nazione vestita con gli stessi abiti.
Ho affrontato diverse volte questa stessa conversazione con mio padre ed ogni singola volta, inevitabilmente, il primo commento che fiorisce dalle sue labbra è il fatto che fossero tutti “uguali”.
Uguali a cosa? Uguali ad un ideale imposto dall’alto e al quale non si poteva fuggire.
Non era possibile indossare abiti dal design particolare; in effetti, l’intera popolazione maschile poteva scegliere tra ben due capi diversi, incluse maglie a righe, pantaloni marroni e… questo è quanto.
Per le donne non era possibile indossare né pantaloni, né abiti provocanti ed anche in questo caso la scelta era limitata ad un numero di capi che oggi potremmo trovare in un solo angolo dello scaffale di qualunque negozio.
Semplicemente, non era possibile acquistare abiti diversi; la moda era un concetto troppo occidentale che non trovava spazio, al pari dei blue jeans e dei tagli di capelli a caschetto; entrambe cose per le quali si poteva essere arrestati.