Secondo il report del 2015, realizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, il giro d’affari generato dalle piattaforme di crowdfunding è in forte crescita: con 56,8 milioni di euro dall’inizio del 2015, si registra un +85% rispetto ai 30,6 milioni di euro dello scorso anno. Ma che cos’è esattamente il crowdfunding, e come funziona? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Marcella Loporchio, esperta in crowdfunding, startup e consulente del lavoro.
Partiamo da una premessa doverosa: che cos’è il crowdfunding?
Il crowdfunding, stando alla sua definizione, di folla (crowd) e finanziamento (funding), è una raccolta fondi dalla folla. In italiano non esiste un termine equivalente ma il significato può essere racchiuso nel concetto di condivisione di progetti con contributi. In un’epoca dove il concetto di sharing economy sta decollando il crowdfunding si inserisce a pieno titolo considerando che con l’uso dei social media ed internet ricercare fondi è più diretto.
Come è regolamentata in Italia questa innovativa modalità di raccolta fondi?
Prima di tutto bisogna dire che ci sono vari tipi di crowdfunding: Donation, donazione pura a fronte soprattutto di progetti in ambito sociale/umanitario, reward based ricompense a fronte di contributi e in base ad importi prestabiliti, social lending, il classico finanziamento tra privati dove le piattaforme utilizzate per esempio Smartika e Prestiamoci fungono da intermediari per prestiti da restituire con interessi agevolati, Civico rivolto alle Pubbliche amministrazioni che stanno iniziando a cogliere l’opportunità di coinvolgere il pubblico/sociale per restaurare (vedasi i portici di San Luca a Bologna) migliorare e progettare nuovi spazi per la cittadinanza, ed infine equity rivolto fino a poco tempo fa solo alle startup innovative e forse ora, secondo il nuovo regolamento, anche alle PMI. Dal 2013 in questo caso la Consob ha regolamentato il tutto introducendo più problemi che soluzioni e bloccando in partenza la possibilità di accesso a questi finanziamenti. La procedura non è agevole, gli investitori sono sfiduciati e come sempre la burocrazia impera su tutto. Qui si diventa azionisti dell’azienda mentre nel caso reward è assimilato all’acquisto di un bene/servizio ecco perché la necessità di normare, ma in maniera corretta, sarebbe meglio.
Parliamo di equity crowdfunding. E’ allo studio una nuova bozza di regolamento per sbloccare questo strumento. Stiamo andando nella direzione giusta?
E’ certamente un inizio e per me sarebbe un miracolo se fossero accolte tutte le richieste pervenute dagli addetti al settore. In primo luogo l’abolizione del tetto di verifica da parte delle banche o delle SIM è un grande passo in avanti e si dà maggiore responsabilità direttamente alle piattaforme di equity crowdfunding di effettuare ogni controllo necessario e quindi scegliere se la situazione è coerente o meno con l’investimento. Si crea quindi una nuova figura: “L’investitore professionale a richiesta” che faciliterebbe anche il ricorso al crowdfunding per le PMI innovative, le società che investono prevalentemente in questi settori e gli organismi di investimento collettivo di risparmio. Un passo in avanti davvero significativo per smuovere il mercato.
Passiamo al lato pratico: Ho una startup e voglio avviare una campagna di crowdfunding. Quali sono i primi passi che devo compiere?
Qui farei una distinzione: 1) voglio rivolgermi alle piattaforme di equity 2) voglio ri/lanciare il mio prodotto servizio. Nel primo caso i passi da compiere sono sicuramente quelli della scelta della piattaforma più in linea con il proprio progetto, devo già essere iscritto in un apposito registro e avere le idee chiare sul tipo di comunicazione che voglio dare e la quota parte societaria che voglio cedere. Nel secondo caso il primo passo è al contrario. Devo avere un database nutrito, inserire in agenda date specifiche per eventi finalizzati alla raccolta fondi diretta e a conoscenza del progetto, aprire un blog, pagina su ogni social, avere un gruppo di persone che sono pronte a condividere, spammare e promuovere il progetto. Conoscenza di tutti i blog/gruppi/aree ai quali chiedere condivisione e sviluppo oltre che i mezzi di comunicazione quali tv/radio e giornali. Avere chiare le ricompense e i tempi di durata. Uno storytelling accattivante e un video emozionale completano l’opera. Dopo potrò scegliere la piattaforma più adatta al mio progetto e valutare anche se inserire la campagna in italiano o in inglese. In ogni caso il marketing è la chiave di volta di un progetto di successo e serve in qualsiasi caso. Meglio affidarsi a professionisti del settore che “tentare la fortuna” e perdere tempo. A volte un investimento produce maggiore ritorno economico e non è mai una perdita.
Le piattaforme di crowdfunding stanno proliferando in Italia. Quali sono le migliori?
Se dovessi rispondere di getto ne segnalerei 5 tra le italiane (premettendo che secondo me per grandi progetti Kickstarter è la migliore scelta): Eppela, Produzioni dal Basso, Schoolraising, Bookabook, Musicraiser le ultime tre anche settoriali per la scuola, editoria e musica. Per il settore equity non mi pronuncio ancora anche se, finalmente, al Sud è stata lanciata una nuova piattaforma Muumlab che spero dia rilancio a numerosi progetti. Al momento, se posso dire la mia, bisogna partire dal concetto che “metterci la faccia e credere in un progetto” sono i requisiti di base, il resto, con la condivisione e l’accettazione anche dei NO, porta solo a successi.