Coppola Rivoluziona il Cinema: Trame Diverse ed Effetto “Live” nello Stesso Film

“L’hai visto anche tu il nuovo film di Coppola? Nel tuo cosa facevano? C’era la scena in cui i due si baciavano? Ah no? E allora quale c’era?”

Una conversazione del genere, parlando di film, sembra proprio non avere alcun senso. Almeno fino ad oggi, finché il Padrino del cinema, Francis Coppola, ha deciso di rimettere in gioco uno dei paradigmi fondamentali del cinema, l’integrità del prodotto finito.

Si tratta del “Live Cinema”, un cinema-teatro o forse più un cinema camaleontico nei confronti del pubblico, alla ricerca dei confini più estremi della propria identità, anche lontano dalla fissità della pellicola, aprendosi all’incognita del “bello della diretta”.

Un’idea già in embrione nel suo ultimo film, Twixt, di cui il regista, giocando con il montaggio e remixando scene e colonna sonora, ha creato diverse versioni di un’unica pellicola, presentate di volta in volta ad un pubblico diverso. L’idea è semplice: modificare alcune scene e forse anche la storia del film in base alla tipologia, all’età o alla regione geografica del pubblico.

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“Il film non deve più per forza essere incastonato nella pietra” spiega il regista americano, “può essere composto e interpreto in modo differente per i diversi spettatori che vengono a vederlo. I film sono sempre stati un medium per registrare. E tu puoi fare qualsiasi cosa e la puoi fare anche live”.

Verso la fine della sua carriera, in un momento in cui anche registi come Spielberg e Lucas lamentano l’impossibilità di reperire nuovi fondi per i loro progetti, ecco che coraggiosamente, a settantadue anni, Coppola si rimette in gioco in modo eccentrico e sperimentale, pronto, come ha dichiarato, ad autofinanziare le sue ricerche, a partire, magari, dall’ultimo film a cui sta lavorando,  riguardante la storia di una famiglia italo-americana dagli Anni ’30 agli Anni ’60.

Può davvero questo tentativo di teatralizzazione del cinema avere successo? Twixt, a dire il vero, non ha avuto una eccellente accoglienza da parte del pubblico e della critica e molto spesso, nel cinema come nell’arte in generale, la ricerca eccessiva di sperimentazione si paga con una certa difficoltà di recezione da parte del pubblico, soprattutto nei primi tempi. Ciò, però, non è una regola costante, come dimostra per esempio Cameron, quando si servì della tecnologia 3D per fare di Avatar il più grande incasso da botteghino della storia.

Di certo quando un’arte come il cinema sente così impellente il bisogno di rinnovarsi e di avventurarsi verso i limiti della propria potenzialità espressiva è il segno per lo meno di un periodo di interrogativi e di transizione.
Sarà che il cinema, figlio lontano di un altro secolo, ha perso il suo aspetto di “novità” ormai da tempo, diventando un modo classico di raccontare delle storie, sarà che dopo aver resistito all’assalto della televisione, che per molti critici già negli anni ’60 avrebbe dovuto decretarne la morte, adesso si ritrova a dover fare i conti anche con la pirateria, la crisi finanziaria e una società più dinamica che preferisce un intrattenimento “mordi e fuggi”, sta di fatto che le costanti voci allarmiste di un’arte sul punto di “morire” o sull’imbocco della strada della “nicchia”, dei cultori e del “c’era una volta”, continuano a ripetersi da qualche anno tra gli addetti ai lavori.

A queste supposizioni, come dimostra Coppola, si può solo rispondere cercando di innovare e rinnovare, provando formule che rispecchino maggiormente la contemporaneità e facendo in modo che siano proprio i grandi maestri a scendere in campo per primi, a tracciare le tracce degli orizzonti futuri.

D’altra parte, come sostiene il regista americano: “Se non fosse per i filmmaker indipendenti, tutto quello che avremmo è una gigantesca industria. Il cinema è troppo importante per permettere che i problemi della finanza possano fermarla. Il Cinema è troppo grande per essere sconfitto”.

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