Costa di Giulia: il Vermentino Scelto da Obama

Parlando di eccellenze italiane, la mente non può che correre al buon vino, da sempre un fiore all’occhiello dell’italianità nel mondo. Un episodio simbolo, forse sconosciuto ai molti, dell’apprezzamento dei vini italiani all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, è la scelta fatta dai coniugi Obama in occasione del 49esimo compleanno della first lady.

Al Milano Cafè di Washington, noto ristorante italiano della capitale statunitense, la cena tipicamente mediterranea in onore di Michelle Obama è stata piacevolmente accompagnata da un bianco Costa di Giulia di Michele Satta, produttore di vino di Bolgheri. Voci indiscrete narrano che addirittura Barak Obama, amante dei bianchi, a cena abbia bevuto soltanto questo dei 2 vini serviti dal sommelier, essendo “il suo preferito”. In particolare, il vino in questione è un blend di Vermentino e Sauvignon blanche, taglio tipico nel bianco di Bolgheri, dove si incontrano la sapidità del territorio toscano ed i profumi aromatici del vitigno francese.

L’azienda toscana, di Castagneto Carducci (LI), è una di quelle che, in Italia, punta ancora sulla qualità dei propri vini e la scelta della famiglia Obama ne è evidentemente la conferma. Michele Satta, originario di Varese e con radici sarde, si è trasferito in Toscana nel lontano 1976, per completare gli studi di Agraria all’Università di Pisa e coltivare la sua passione per la terra come fattore di un’azienda ortofrutticola locale. Grazie al proprio intuito e ad una serie di incredibili vicissitudini, nel 1987 Michele decide di investire tutto, accendendo un mutuo, per poter aprire la propria impresa e produrre vini col suo nome, creando un brand, concetto allora poco diffuso nell’ambito del vino. Da quella data ad oggi, l’azienda conta 25 ettari vitati ed una propria cantina. Smartweek è riuscita ad intervistare il produttore toscano e vi riporta le sue parole.

Cosa ha rappresentato per lei la notizia della scelta di Obama?

Una bella sorpresa: non è stato frutto di accorgimenti di marketing. Mi ha confermato che anche un piccolo produttore può arrivare alle tavole più prestigiose e che i nostri prodotti hanno un appeal incredibile.

Crede che questo sia una consacrazione, se ce ne fosse bisogno, dei vini italiani?

Non è una consacrazione, la quale sta fortunatamente arrivando da tutto il complesso dei mercati del mondo, ma è sicuramente un segnale di eccellenza e successo del made in Italy applicato all’enogastronomia, ambito in cui dobbiamo crescere tutti nella comunicazione per il grande pubblico.

Quali sono i margini dell’export di vino italiano?

Se impariamo a muoverci insieme e a valorizzare l’esclusività di genio e famiglia (fattori eminentemente italiani), abbiamo margini di crescita immensi.

Cosa vuole comunicare ad un suo bevitore di Honk Kong o di New York?

Che il mio vino è buonissimo, ma ancor più che è unico, ed ancor più che bevendolo conosce me, la mia storia, il mio Paese. Insomma, che può vivere un’emozione e un incontro. Questo è vero per Hong Kong come, paradossalmente, per Livorno. E non so dove sia più difficile oggi trovare la via per comunicare questo…

Che ne pensa di questa fase economico-culturale-politica, anche in riferimento alla ripresa del Paese?

Domandona…Sono totalmente dentro le condizioni di vita del mio Paese, quindi, in questo momento, la fatica è tremenda, perché siamo alla sbando, sia per la conduzione politica che per la cultura del popolo, devastata da 50 anni di pensiero individualista e antireligioso. Ma, essendo “contadino”, guardo la terra e penso che, se lavoro con passione, darà frutto, guardando a tutto quello che rende possibile il prossimo raccolto. In questo momento vedo, inoltre, tanti segni di ripresa nei giovani: spero, e a ragion veduta, che fiorisca tutta l’attesa di vita che vedo in loro.

Quali motivazioni e quali valori guidano il suo lavoro nel momento che sta attraversando l’Italia?

Sono guidato ancora oggi dal fascino e dall’attrattiva che la terra ha su di me, oltreché dall’esperienza del gusto umano che l’incontro con la Chiesa ha generato in me. Ma non è solo per questo o per ostinazione che vado avanti: sono stato educato, grazie all’esperienza meravigliosa dell’essere coltivatore, a mettere un seme o piantare una vite, attendendo speranzoso. Per questo, più che attardarmi in analisi e commenti sulla situazione, preferisco fare quello che sento giusto, insieme a quanti sentono la stessa bellezza di vita.

Photo credit: vargas2040 / Foter.com / CC BY-SA