I numeri riguardo all’importanza dell”App Economy” sono chiarissimi. In Italia la “Mobile & App Economy” valeva già nel 2013 ben 25,4 miliardi di euro pari all’1,6% del PIL; l’Apple App Store e il Google Play Store contano entrambi oltre 1 milione di applicazioni a testa e i 10 miliardi di dollari che l’App Store di Apple ha distribuito agli sviluppatori nel 2014 sono superiori al fatturato del botteghino di Hollywood negli Stati Uniti nello stesso anno.
In questo contesto si inserisce CreoLabs, startup italiana che si propone di rivoluzionare il modo in cui le app vengono sviluppate. Lo scorso Novembre CreoLabs è stata scelta fra le migliori startup al mondo per partecipare alla fase finale di selezione del celebre acceleratore americano Y Combinator, con sede a Mountain View, nella Silicon Valley.
Y Combinator, da molti considerato il più importante acceleratore al mondo, offre un programma di accellerazione di 3 mesi, che include un investimento seed di 120 mila dollari e la partecipazione alle celebri cene settimanali, in cui vengono ospitati come speaker le personalità più eminenti della Silicon Valley.
Fra le tante startup che hanno preso parte a questo programma si possono citare Twitch, Airbnb, Dropbox o Pebble.
Oggi abbiamo con noi Marco Bambini, co- fondatore di CreoLabs, per spiegarci meglio il suo prodotto e raccontarci la sua esperienza.
Parlateci di Creo. Com’è nata la vostra idea?
Tutto è nato quando ci siamo resi conto che c’era qualcosa di profondamente inefficiente nel modo in cui si sviluppano le app al giorno d’oggi: c’è un grafico che deve fare le bozze della UI, c’è lo sviluppatore che deve scrivere il codice (che per le operazioni più comuni è sempre lo stesso) e poi il ciclo si ripete fino a quando non si raggiunge il risultato richiesto e non ci sono più bug. Creo è nato come un prodotto che voleva risolvere queste inefficienze con un ambiente visuale alla portata di tutti. Con il tempo però le cose sono cambiate e siamo diventati molto più ambiziosi e Creo da un semplice prodotto è diventato qualcosa di molto più grande, è diventato un compilatore, è diventato un sistema operativo mobile che gira sui computer desktop ed è diventato un modo di concepire lo sviluppo del software totalmente nuovo. Dove non esiste più la distinzione tra design time e run time e dove tutto avviene in tempo reale.
In che modo puntate a differenziarvi rispetto alle piattaforme esistenti per creare app?
Dal punto di vista prettamente tecnologico Creo è davvero un progetto fuori dal comune. Abbiamo sviluppato un nuovo linguaggio ed una virtual machine multipiattaforma ed abbiamo riscritto da zero un sistema operativo mobile per desktop e la combinazione di queste due tecnologie ci fa avere un vantaggio competitivo molto elevato rispetto alle altre piattaforme. Oggi esistono principalmente due modi di sviluppare software mobile, da un parte ci sono i compilatori tradizionali che richiedono forti competenze specifiche che non sono alla portata di tutti e dall’altra sono stati creati nuovi strumenti che semplificano di molto la creazione di codice ma che hanno il grosso svantaggio di essere tutti web oriented e quindi risultano spesso lenti e non adatti allo sviluppo di ogni app complessa. Lo scopo di Creo è quello di mettersi esattamente in mezzo a questi due scenari e rendere lo sviluppo di software nativo performante come con l’uso dei compilatori tradizionali ed al tempo stesso semplicissimo da usare come con con le soluzioni web oriented.
Raccontateci la vostra esperienza a Y combinator.
Abbiamo avuto l’onore di essere la prima realtà Italiana chiamata da YC. Ci rendevamo conto della portata di quello che stavamo sviluppando e ci rendevamo anche conto che avevamo bisogno di più tempo per poter finire il progetto. Abbiamo fatto l’apply quasi per scherzo e quando siamo stati accettati per l’interview è stata davvero una soddisfazione enorme per tutto il team. Siamo partiti a Novembre 2014 per la loro sessione invernale e devo dire che quest’esperienza ci ha completamente cambiati. Siamo andati a Mountain View con un prodotto che aveva bisogno ancora di mesi di sviluppo e nonostante questo i ragazzi presenti hanno definito “impressionante” quello che hanno visto. Ma come non mi stancherò mai di ripetere, il prodotto ha valore zero. Quello che conta, quello che loro cercano è il business… e noi probabilmente al momento eravamo la startup più lontana di tutte da quel punto di vista. Per quello ribadisco che l’esperienza ci ha comunque aiutato moltissimo, stiamo uscendo dalla modalità stealth ed ora più che mai siamo completamente focalizzati a lanciare Creo nel più breve tempo possibile.
Che consigli dareste ad una giovane startup che si appresta a fare un pitch a Y combinator?
YC è prima di tutto un accelerator e le loro decisioni si basano quasi esclusivamente sui numeri. Bisogna presentarsi a Mountain View avendo già una direzione chiara e tangibile del prodotto o servizio che si vuole proporre. Quella con YC era la nostra prima esperienza con un investitore di quel calibro e l’esperienza è stata a tratti surreale. A volte la mia impressione era che la maggior parte delle persone che era là, fosse più interessata ad accedere ai capitali che non a far crescere il loro prodotto. Il mio consiglio per una giovane startup che voglia fare il pitch a YC o da chiunque altro è proprio questo, investite sul prodotto, pensate fuori dagli schemi e soprattutto chiedetevi sempre perché lo state facendo. Se volete fare impresa il profitto e la crescita sono essenziali e YC è molto attenta a questi aspetti.
Quali sono i vostri piani per il futuro?
Creo vuole essere l’inizio di qualcosa di molto grande, siamo partiti con l’idea di fare un’app ma adesso vogliamo cambiare in maniera radicale come si sviluppa il software. Lo sviluppo di software deve essere un’opportunità per tutti e non rappresentare un ostacolo accessibile solo a chi ha competenze molto specifiche.
Creo inizialmente sarà rivolto al mercato mobile, ma abbiamo già in cantiere diversi progetti che si baseranno sulla stessa architettura ma rivolti al mondo dei giochi, degli ebook ed anche del software più tradizionale.