Tra i più noti e principali crimini relativi al mondo economico e finanziario, l’Insider Trading formalmente nasce e si diffonde negli Stati Uniti analogamente all’espansione dei mercati e delle Borse valori nei primi anni ’30 del secolo scorso. Da allora, non passò molto tempo prima che la giurisprudenza emanasse i primi testi giuridici in materia, nel caso degli Stati Uniti rappresentati dal Securities Exchange Act. In Europa fu la Francia ad adottare i primi regolamenti in materia, ma solo nel 1970. L’Italia ritardò ulteriormente una disciplina penale, riuscendo ad ottenerne una ufficiale solo nel 1991 mentre dapprima si trattavano i casi come fattispecie prettamente civilistiche. Adesso però potrebbe essere il caso di riscrivere nuovamente la storia, o addirittura cancellare il tutto.
Per Insider Trading intendiamo una procedura attraverso cui una persona, in possesso di informazioni privilegiate e specifiche su una determinata società, le sfrutta in maniera indebita, cioè acquistando, vendendo e realizzando operazioni finanziarie per conto proprio o per conto terzi. Si ritiene una informazione “privilegiata”, o nel lessico tecnico “price sensitive”, un’informazione di contenuto particolare che, se resa disponibile al pubblico, sarebbe in grado di influenzare significativamente il prezzo azionario. L’assunto si basa sul fatto che gli agenti di ogni mercato sono tutti in pari condizione di procurarsi informazioni, in una posizione quindi di parità rispetto alla possibilità di realizzare utili che una determinata azione prevede. Il reato di insider trading in senso stretto sovverte questo sistema consentendo ai soggetti che abusano di tali informazioni di posizionarsi su un piano privilegiato rispetto agli altri investitori, rompendo così l’equilibrio dettato dal buon funzionamento degli scambi. Negli Stati Uniti un ruolo di vigilanza in materia spetta alla Securities and Exchange Commission, in Italia tale compito è delegato alla Consob.