A pochi giorni di distanza dall’anniversario dell’attentato jihadista che il 7 gennaio di un anno fa colpì la redazione del giornale satirico francese Charlie Hebdo, le vignette della rivista parigina tornano a far discutere. Allora a scatenare la furia islamista furono una serie di caricature di Maometto riprese dal norvegese Jyllands-Posten. Un attentato in piena regola che costò la vita a 12 dipendenti della rivista, tra cui il direttore Stephane Charbonnier. Oggi, più di 365 giorni dopo quei tragici fatti, il mondo torna a scontrarsi violentemente con i disegni pubblicati dalla rivista. Questa volta al centro della satira, se così si può ancora definire, c’è Aylan, il bambino siriano di 3 anni annegato nelle acque turche di Bodrum lo scorso settembre, preso come capro espiatorio per i recenti fatti di Colonia.
Un clamoroso scivolone quello di Charlie Hebdo, che, rappresentando il piccolo con sembianze suine, si chiede nella vignetta quale sarebbe stato il futuro di Aylan, ipotizzando che un giorno sarebbe potuto diventare anche lui come i molestatori che la notte di Capodanno, nella città tedesca di Colonia, hanno abusato di decine di donne. Un’accusa che però non è stata digerita dall’opinione pubblica, che sui social network ha espresso tutto il proprio disdegno per la provocazione, ricordando che il piccolo Aylan è solo una tra le vittime più giovani di un dramma, come quello dei migranti, che negli ultimi mesi ha scosso l’intera Europa.