Dal Campo Al Piatto: Gli Chef Raccolgono Gli Ingredienti Nell’Orto

Non indugiate nemmeno un istante se, una mattina di primavera, al sorgere del sole, doveste vedere, nei dintorni di Copenhagen, una flotta di chef, e aspiranti tali, in sella a biciclette supersize e con borse a tracolla, pronti a partire: potreste perdere un’occasione irripetibile.

Al Noma – il ristorante danese stellato Michelin che si è aggiudicato per ben tre volte il titolo di “miglior ristorante al mondo” secondo il celebre Restaurant – è ormai una routine. Ogni mattina, infatti, guidati dallo chef Rene Redzepi, cuochi e stagisti da tutto il mondo si immergono nella natura, alla ricerca di erbe aromatiche, bacche, verdure e piccoli frutti, che conservano anche per le stagioni più fredde.

Il fenomeno si chiama “field-to-table” e, a poco a poco, sta coinvolgendo tutti i più famosi ristoranti del pianeta. La formula è semplicissima, dal gusto ecologico e primitivo: è chi cucina che cerca e raccoglie gli ingredienti.
Non soltanto riduce drasticamente il numero di mani che toccano le componenti alimentari prima che giungano nel piatto del fortunato cliente, ma, cercare gli ingredienti in prima persona, permette anche di conoscerne meglio la natura, la disponibilità stagionale, l’ambiente e le proprietà. Insomma: una scuola all’aria aperta.

fieldtotable

Il Noma è stato uno dei primi ad intraprendere questa iniziativa. Le spedizioni nei boschi e nei campi di Rene Redzepi sono motivate soprattutto da desiderio di offrire ai propri clienti piatti che reinterpretano ingredienti tradizionali della cucina scandiva e finlandese. I cuochi ritornano la mattina con borse ricolme di muschi, licheni, frutti di bosco, fiori, funghi e molto altro ancora. E chi assaggia, assicura: tutta un’altra musica.

C’è chi, invece, anziché rifornirsi da grossisti tradizionali o vagare nelle foreste, assume raccoglitori professionisti. Evan Strusinski è forse il più famoso esperto raccoglitore. Americano, con base nel Vermont, Strusinski va a caccia di tutto ciò che la natura offre nell’ambiente circostante. Otto mesi all’anno migra dalla Pennysilvania al Maine, per raccogliere gli ingredienti per decine di ristoranti , tra cui il californiano The French Laundry e l’intero gruppo Momofuku.

Non mancano poi i ristoratori che scelgono di portare la natura tra le proprie pareti, anziché raggiungerla. A Milano, Erba Brusca è un ristorante con orto, dove crescono erbe da taglio, spontanee ed aromatiche. Al confine tra città e campagna, avere una piccola porzione di terra da lavorare significa moltissimo: “il senso” spiega Danilo Ingannamorte “è scegliere cosa avere a disposizione e come crescerlo. Quello che possiamo, lo produciamo noi; per il resto, ci affidiamo a chi è competente e coltiva in un luogo più adatto per il prodotto, ed è giusto così. Sono queste le scelte che rendono credibili”.

Del resto, è il sogno di ogni chef selezionare di persona l’ingrediente tra i tanti, seguirlo nel suo ciclo naturale, scoprire come e dove cresce e coglierlo di persona.

Il field-to-table è un fenomeno che non solo limita l’impatto umano sull’ambiente (diminuiscono infatti i chilometri che il cibo percorre dal produttore al trasformatore), ma che porta sulle tavole alimenti più genuini, non trattati con pesticidi o fertilizzanti. E il risultato è sorprendente: chi lo prova, non può più farne a meno. Più sapore e più salute.
Non resta che armarsi di stivali, forbici e coltellino, alla volta del gusto e della sostenibilità.