Il 28 luglio 1914, con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este a Sarajevo, aveva inizio il conflitto armato, inscritto nei registri della storia umana, per essere il primo aver raggiunto una portata globale. La vigilia di questa ricorrenza è già divenuta per molti studiosi un pretesto per rispolverare i vecchi testi scolastici, e consolidare nella memoria le tradizionali nozioni apprese riguardanti le cause e le conseguenze di quella tragica macchia che ancora oggi imbratta il nostro passato.
Ma non per George Weigel, uno dei più rinomati intellettuali ‘teocon’ degli Stati Uniti e presidente fondatore della James Madison Foundation. L’attuale ‘consigliere anziano’ dell’ Ethics and Public Policy Center di Washington DC, a quasi cent’anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale propone un’interpretazione decisamente alternativa, anche se non personalmente condivisibile, del conflitto, trascendendo consuetudini ermeneutiche come “un’incomprensibile atto di suicidio civilizazzionale” o “un lavoro sporco necessario per impedire la dominanza economica e politica della Germania nell’Europa di inizio XX secolo”.
Nel suo ultimo articolo pubblicato sulla rivista First Thing, Weigel sottolinea come, per quel che riguarda lo scoppio della guerra, “vi sia più che sufficiente colpa da essere condivisa”, facendo riferimento all’assassinio dell’arciduca austriaco, come alle alleanze e ai conflitti di potere maturati al tempo nel continente europeo. Tuttavia, secondo Weigel, il proseguimento del conflitto non fu tanto il prodotto di una condizione di stallo militare instauratasi tra le potenze europee, quanto di uno stallo ideologico.
Mentre si realizzava che “la rapida vittoria era impossibile”, prosegue Weigel, ed una guerra di logoramento inevitabile, le ideologie sviluppatesi a cavallo tra la fine del XIX e all’inizio del XX secolo in Europa, hanno indotto le nazioni a proseguire il conflitto. All’epoca una delle forze più influenti, a cui Weigel rivolge la propria accusa, era la teoria evolutiva di Charles Darwin, la quale “sembra aver influito pesantemente sul pensiero politico, così come sulla scienza e la religione”, spiegando come “la xenofobia e le teorie raziali” da imputare al darwinismo sociale, abbiano caricato il conflitto con il peso di una guerra per il trionfo razziale.
Idee “sbagliate” (triple virgolette) della teoria scientifica, continua Weigel, fuse con “l’irrazionalismo, la proclamazione della morte di Dio, l’idea di rigenerazione attraverso la distruzione, e ,soprattutto, la celebrazione della forza di volontà” caratteristiche del pensiero Nietzschiano, inevitabilmente intaccarono al tempo della guerra “qualsiasi biblica o teleologica comprensione della vita pubblica e della responsabilità politica”. “Così, [conclude Weigel] il mondo disincantato ci ha condotti alla disumanità”. “Dio è Morto”: E’ Tempo Per Far la Guerra.”