Circa il 27% è l’attuale percentuale di donne nei C.D.A. delle società quotate in Borsa in Italia, cinque anni dopo l’approvazione della legge Golfo-Mosca sulle Quote Rosa in Italia.
46% è invece il tasso di occupazione femminile nel nostro paese, figura media che va a mascherare la grave discrepanza tra Nord e Sud (dove la percentuale scende sotto il 30%) e che la colloca ben sotto alla media europea.
69esima è la posizione occupata dall’Italia nella classifica mondiale per la parità di genere, secondo il World Economic Forum, che per di più la posiziona ben sotto la media europea.
Eppure, ogni 100 uomini laureati ci sono 155 donne laureate, le quali impiegano meno tempo per conseguire il titolo ed ottengono risultati maggiori.
In sostanza, ci sono più donne laureate che uomini, ma ci sono più disoccupate che disoccupati.
Come è possibile?
Questa discrepanza è nota come fenomeno di Leaky Pipeline. Pare che, una volta conseguita la laurea, una grande percentuale di donne decida di non entrare nel mondo del lavoro, di uscirne presto o di fermarsi ai gradini più bassi della carriera. Ed è cosi che il genere femminile viene spesso paragonato, appunto, ad una “conduttura che perde”.
Quindi, mentre nell’ultimo secolo le donne in Italia (così come in tutti i paesi industrializzati) hanno colmato il distacco dagli uomini in termini di istruzione, questo traguardo non è andato a coincidere con una corrispondente affermazione nella sfera professionale.
Quali sono le cause?
– Organizzazione domestica: le donne sono considerate le principali referenti del lavoro domestico in Italia. I dati parlano chiaro: mogli e madri italiane dedicano ben 5 ore e 20 minuti al giorno alla cura di casa e famiglia, 3 ore e 45 minuti in più dei loro compagni. Di conseguenza hanno meno tempo a disposizione da dedicare al lavoro e vedono figli e famiglia come un serio impedimento alla partecipazione alla forza lavoro.
– Struttura statale: purtroppo l’Italia si colloca negli ultimi posti in Europa per la qualità dei servizi di assistenza a bambini (asilo nido, tempo pieno a scuola) ed anziani. La situazione è stata recentemente aggravata a causa dei tagli alla spesa pubblica degli ultimi anni. Anche questa situazione scoraggia l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro e ne facilita l’abbandono.
– Organizzazione del lavoro: una volta entrate nel mondo lavorativo, le donne non trovano vita facile. Pare che il loro salario, a parità di lavoro, sia più basso di quello degli uomini. Sono più esposte a part-time e precarietà, e la maternità è spesso una causa del termine della loro attività lavorativa.
– Stereotipi di genere: le qualità generalmente associate alla leadership, aggressività fermezza e capacità di imporsi, sono quelle che più spesso appartengono gli uomini e per questo spaventano il sesso opposto. Il risultato è un senso di inadeguatezza nelle donne che, in primis, si auto-eliminano dal mercato del lavoro o dai gradini più alti della carriera perché credono di non essere all’altezza della carica. E’ questa forse la maggiore delle cause che provocano le così dette “leaky pipelines”.
In conclusione, l’organizzazione domestica, la struttura economica e sociale e la cultura Italiane impediscono ancora oggi alle donne, anche se entusiaste ed istruite, di contribuire al massimo del loro potenziale al mercato del lavoro. Da un punto di vista economico, questo fenomeno si tramuta in una perdita di produttività legata ad uno scarso utilizzo di queste “risorse” ed all’assenza di un ritorno sugli investimenti fatti nella loro istruzione.
Certamente si può parlare di leaky pipelines. Che sia per scelta o per necessità, queste “fuoriuscite” provocano la perdita di preziosi talenti da una tubatura guasta che, di conseguenza, genera sprechi e non opera al meglio.
Francesca Ballerini
Women In Business_Bocconi Female Student Association