Ormai è ufficiale. Risale a pochi giorni fa l’annuncio dell’ intenzione da parte del social dei “cinguettii” di procedere a quotazione in Borsa. Con l’acronimo “Ipo” (Initial Public Offering, offerta pubblica iniziale) ci si riferisce infatti a un processo mediante il quale un’azienda acquisisce liquidità sui mercati tramite denaro di investitori cedendo quote del proprio capitale sociale. Seguono la nomina di un advisor e l’entrata in gioco di altre figure istituzionali che veicolano l’operazione fino al collocamento (la Borsa di riferimento, in questo caso, sarà il NYSE).
Questo essenzialmente avviene per tre ordini di motivi: la ricerca di capitali utili alla crescita dell’azienda stessa senza dover ricorrere a finanziamenti tramite titoli di credito, poter diluire il rischio di attività tra più sottoscrittori con l’entrata di altri soci, consentire a chi volesse uscire dalla compagnia di farlo a prezzi di mercato. Ed è proprio attraverso un tweet che la notizia si è diffusa, ove si riportava l’avvenuta consegna dei documenti alla Securities and Exchange Commission.
Il celebre sito web dedicato al microblogging, frutto del lavoro della Obvious Corporation, nasce nel marzo 2006 in pieno fermento della Silicon Valley e da allora non ha mai smesso di acquisire popolarità grazie ad un concept davvero smart che consente agli utenti di postare testi, foto e video che rientrino in soli 140 caratteri. A una settimana dalla sua più grande acquisizione (ben 350 milioni di dollari per MoPub, start-up di annunci pubblicitari) Twitter conta più di 200 milioni di utenti attivi, 500 milioni in totale, circa 900 dipendenti e probabilmente chiuderà l’anno con oltre 580 milioni di ricavi.
A spianare la strada al successo sono stati numerosi investimenti effettuati in diversi campi, dalla costruzione di network agli accordi con gruppi pubblicitari, minuziosamente preparati dall’attuale AD Dick Costolo. Secondo indiscrezioni trapelate da Bloomberg l’Ipo sarà curata da Goldman Sachs mentre gli analisti stimano per Twitter un valore intorno ai 10 miliardi di dollari. Si opterà probabilmente per una quotazione low profile visto il precedente flop iniziale di Facebook (di cui si teme il ripetersi), quotazione avvolta da grande clamore da cui il social di Mark Zuckerberg è parso riprendersi solo in tempi recenti. Di certo il percorso verso Wall Street è ancora ai primi passi, ma è già un evento. Di successo o catastrofico? La lezione di Facebook è lì da imparare. Errare è umano, perseverare…