Era qui, da qualche parte. Era qui, ma non si trova. Eppure tutti l’abbiamo studiata, vista, letta o semplicemente sentita narrare mentre, scalpitanti, fremevano tra i banchi di scuola. Ma la poesia non c’è più: dov’è andata a finire?
Nicola Crocetti, proprietario dell’omonima casa editrice – conosciutissima nel panorama narrativo per le sue pubblicazioni poetiche, soprattutto di autori greci contemporanei – lo grida a gran voce “Perché la poesia dovrebbe vendere? Nessuno ne parla, è mal distribuita, non è promossa. Qualcuno conosce un prodotto che sia mal distribuito, non promosso, di cui nessuno parla che invece venda? Io non ne conosco alcuno”. Crocetti, durante un’intervista con AdnKronos, ha confessato la sua preoccupazione, e al suo lamento si uniscono moltissimi piccoli editori italiani. Insomma: la poesia è finita nel dimenticatoio. Intendiamoci: non quella tradizionale. Pascoli, Foscolo, Leopardi e Saba e tutti i grandi che hanno costruito il passato, certo non moriranno mai. Ma i contemporanei, specialmente se poco conosciuti, hanno il buco nero dell’oblio a pochi passi dal nome.
“Ci sono dei Paesi” ha dichiarato poi Crocetti “dove la poesia è amata e letta e ci sono dei Paesi in cui la poesia non interessa, non è amata né letta, comprata e diffusa. E’ una questione di cultura“. In molti sostengono che la poesia sia stata lentamente espulsa dal mercato letterario, complici le classifiche di bestsellers che hanno abbassato di molto – negli ultimi anni soprattutto – la qualità dei contenuti dei volumi.
Maurizio Cucchi, poeta milanese e noto critico letterario, ha invocato un intervento istituzionale per risollevare il futuro e il nome della poesia: “con pochi soldi si riuscirebbe a provvedere alle necessità anche delle maggiori collane editoriali”. I big del settore, infatti, continuano a pubblicare e a barcamenarsi in questo tormentato mercato, ma molti piccoli editori scompaiono. Che ne sarà della poesia?
Credits: Emilio Isgrò, “Trinity College”