Popolazione stabile, territorio definito e un governo in grado di relazionarsi con la comunità internazionale. Secondo La Convenzione di Montevideo del 1933, sono questi i tre requisiti fondamentali di uno Stato moderno.
Elementi ad appannaggio esclusivo degli Stati presenti sugli Atlanti tradizionali? Assolutamente no. Il Prof. Middleton, geografo dell’Università di Oxford ha recentemente pubblicato l’Atlante delle Nazioni Inesistenti, ovvero le comunità statuali in possesso dei tre requisiti enunciati dalla Convenzione di Montevideo ma privi di rappresentanza formale alle Nazioni Unite.
Alcuni casi sono molto noti, come la Repubblica di Cina (Taiwan). Dal 1971 non ha più un posto a sedere all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nonostante sia stata riconosciuta da una ventina di Stati, tra cui anche il Vaticano.
Anche la storia del Tibet è piuttosto conosciuta. Il Tetto del Mondo ha effettivamente avuto status di piena indipendenza dal 1911 per una quarantina di anni, prima di essere annesso alla Repubblica Popolare di Cina nel 1950.
Il caso della Groenlandia è forse quello che, attualmente, ha più chance di risolversi positivamente per vie pacifiche. L’isola più grande del Pianeta (l’Australia non è comunemente considerata un’isola, bensì un continente) è anche la meno popolata. Questo però non le ha impedito di ricevere dal governo danese una crescente forma di autonomia, viatico per una possibile prossima indipendenza.
Ci sono poi situazioni decisamente meno note, come quella della Repubblica di Lakota. 100,000 abitanti al centro degli Stati Uniti d’America che presidiano da secoli le Black Hills, hanno il dente avvelenato. Nel 2007, dopo diversi decenni di proteste legali, i Sioux di Lakota hanno marciato su Washington, chiedendo formalmente di abbandonare gli Stati Uniti d’America, dopo aver rifiutato un’offerta di circa 600 milioni di dollari di compensazione per i torti subiti dal 1868 a oggi.
I regni africani del Barotseland e del Ogoniland hanno dichiarato entrambi unilateralmente nel 2012 la propria indipendenza rispettivamente da Zambia e Nigeria.
In Australia, i circa 4000 abitanti della Repubblica di Murrawarri hanno richiesto nel 2013 alla Regina Elisabetta II di dimostrare il suo diritto a regnare sulla loro terra. In mancanza di una risposta regale, dopo 21 giorni, la popolazione locale ha interpretato il silenzio come una forma di assenso alle proprie richieste.
In Europa il caso più popolare è sicuramente quello dell’enclave di Christiania, al centro di Copenhagen, formalmente indipendente dal 1971. Qui vivono circa 850 cittadini sotto l’occhio accondiscendente (finora) del governo danese.
Il lavoro del Prof. Middleton, al di là del suo valore informativo e didascalico, è interessante perché ci porta a riflettere sull’opportunità di rimettere o meno in discussione i requisiti di Montevideo del 1933. Alcuni microstati di recente fondazione (Atlantium, Elgaland), ad esempio, hanno deliberatamente rinunciato a una propria territorialità, e, un po’ come Narnia, si pongono l’obiettivo di agglomerare i propri aspiranti cittadini attorno ad un ideale comune e degli interessi reciproci.
Una forma di stato d’elezione che, in un’epoca d’identità liquide, potrebbe presto uscire dai romanzi per entrare nelle cronache internazionali.