Etica e Impresa: la Profezia del Poeta

“Non puoi fare una buona economia con una cattiva etica“. Sebbene il monito provenga da un poeta, la verità contenuta al suo interno ha un fondamento squisitamente scientifico. La frase di Ezra Pound, noto artista e saggista del Novecento, di origine statunitense ma vissuto prevalentemente in Europa, è di straordinaria attualità, specie nel nostro Paese: in un epoca dove gli scandali che investono i grandi gruppi industriali nostrani sono tutt’altro che rari (vedi Eni, Saipem, Finmeccanica, MPS), è lecito chiedersi se le scelte anti-etiche dei grandi operatori economici siano, quantomeno, fruttuose per le imprese che le pongono in essere.

Ci si chiede, in altri termini, se le strategie d’impresa in cui l’etica è messa da parte e in cui si tollera, o addirittura si istiga, la commissione di illeciti e di reati, siano strategie di successo o, al contrario, finiscano per ritorcersi contro le società stesse.

Si pensi al caso Ilva. I capi di imputazione che pendono sui vertici del gruppo Riva e sui suoi stretti collaboratori operanti nello stabilimento tarantino, sono: disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose ed inquinamento atmosferico. Tutte queste operazioni appaiono animate da un preciso intento: risparmiare, evitare di stanziare fondi, di sopportare costi, di porre in essere misure preventive, al fine di conseguire un maggior utile, anche a costo di mettere a repentaglio l’incolumità fisica dei propri dipendenti nonché di coloro che abitano nelle aree limitrofe allo stabilimento.