Dopo che sedici dei loro colleghi persero la vita lo scorso Aprile in seguito ad una valanga, gli Sherpa del Monte Everest hanno votato per non proseguire il resto della stagione di ascensioni, riporta l’Afp.
E nonostante la minaccia di boicottare le prossime scalate sia rivolta ad esprimere un generale dissenso nei confronti delle basse retribuzioni assicurate dal governo nepalese per il loro estenuante lavoro, il risultato delle consultazioni degli Sherpa è da attribuire piuttosto alla loro volontà di onorare i morti.
“Abbiamo avuto una lunga riunione questo pomeriggio e abbiamo deciso di non salire quest’anno in omaggio ai nostri fratelli. La decisione degli sherpa è unanime” ha riferito Tulsi Gurung, una guida locale all’agenzia francese.
“Sedici persone sono morte su questa montagna nel primo giorno di scalata”, ha aggiunto un’altra guida Pasang Sherpa, “Come potremmo passarci sopra?”
Le guide hanno a lungo sostenuto come il loro compenso per le scalate, e gli indennizzi assicurativi in caso di disastro, non fossero assolutamente sufficienti per la rischiosità del loro lavoro. La medesima denuncia è stata ripetuta in seguito alla tragedia occorsa l’Aprile scorso – una delle valanghe più mortali di tutta la storia del Monte Everest – inducendo l’inizio delle trattative tra il governo nepalese e la comunità degli Sherpa.
Se da una parte il governo Nepalese trae i propri guadagni vendendo i permessi ai turisti per scalare la vetta più alta del mondo, dall’altra gli Sherpa chiedono norme aggiuntive a tutela della loro categoria. Mentre i colloqui proseguono, Navesh Chitrakar, reporter di Reuters, si è recato in Nepal per documentare la situazione. Ecco il suo resoconto fotografico.
Una pista di atterraggio è visibile attraverso la cabina di pilotaggio di un aereo Dornier mentre atterra al Tenzing Hillary Airport.
Un monaco novizio passa davanti al monastero di Tashi Chocling Monastery a Lukla.
Una strada a Namche illuminata dai cafè e i negozi.
Una donna seduta sulla finestra del proprio negozio, sulla strada per Namche.
Khunjung Sherpa, 90 anni, che era solito guadagnare $0,09 al giorno come facchino, siede davanti a casa sua.
Uno yak cammina lungo la strada.
Un operaio edile mostra i guanti strappati mentre scolpisce le pietre per costruire un hotel a Namche.
Un bambino beve dell’acqua da un rubinetto pubblico.
Un membro dell’esercito nepalese siede al checkpoint di controllo dei permessi di scalata.
Kedar Rai, 42 anni, e suo figlio trasportano merci al loro negozio a Solukhumbu District.
Un facchino attraverso il ponte di ritorno da Namche.
Lakpa Sherpa, 42 anni, porta il proprio carico mentre si dirige al campo base dell’Everest.
Il Monte Ama Dablam, che si trova a circa 6.800 metri sopra il livello del mare, spunta dietro il villaggio di Khumjung.
Temba Sherpa, 45 anni, che ha raggiunto in vita sua la vetta dell’Everest ben sette volte, si arrampica per pulire la pietra mani (preghiera) di Khumjung, a circa 3.700 metri sopra il livello del mare.
Una statua di Sir Edmund Hillary, uno dei primi scalatori a raggiungere la vetta del Monte Everest, si trova nel parco della Khumjung High School.
Pasang Choti Sherpa, il cui padre Lakpa Sherpa è morto nella valanga di Aprile, in grembo alla madre.
Nang Tashi Sherpa, uno “stregone” di 64 anni di Khumjung, siede in casa sua.
Le scarpe appena lavate degli Sherpa vengono lasciate ad asciugare al sole.
Un pastore conduce gli yak vicino Pheriche.
Scalatori a piedi di fronte al Monte Thamserku, di ritorno dal campo base dell’Everest dopo il boicottaggio degli Sherpa.
Un facchino porta indietro i materassi dal campo base.
Gli yak passano le bandiere di preghiera, mentre trasportano le merci dal campo base.
Un gruppo di scalatori di fianco il Monte Everest.
Phurba Tenzing Sherpa, 24 anni, ha raggiungo la vetta dell’Everest ben nove volte.
Luce del tramonto che illumina il Monte Pumori, 7100 metri.