Dopo la notizia della scorsa settimana circa la decisione di Amazon di aprire una sezione in cui sia possibile acquistare non solo oggetti stampati in 3D, ma anche direttamente file da scaricare e stampare sulle proprie macchine 3D (per chi ne possiede già una), Smartweek ha incontrato Francesco Colorini, co-founder e Project&Design Director di FabLab Milano, di via Schiaffino 11: primo maker space del capoluogo lombardo e pioniere della digital fabrication italiana.
Francesco, spiegaci cos’è un FabLab e come nasce FabLab Milano?
Un FabLab è un luogo di aggregazione, un punto d’incontro di idee e di facilitazione di progetti. Qui arrivano ogni giorno persone che hanno idee e progetti nel cassetto e che non sapendo come realizzarle, trovano persone e strumenti giusti per vederli nascere. I FabLab sono prima di tutto luoghi aperti. Il business model dei FabLab è nato circa 5 anni fa al MIT, come luogo in cui prototipare con Arduino e stampanti 3D i progetti del Laboratorio degli Atomi e dei Bits. Essendo il primo, il MIT ha posto le basi per la nascita dei FabLab. Il modello aperto proposto dal MIT però non è sostenibile, così forniamo corsi al pubblico, consulenze alle aziende e incubazione di progetti particolarmente interessanti per potere sopravvivere. Il FabLab Milano è nato da zero su un foglio di carta bianco, il giorno in cui io, con Massimo Temporelli e Giovanni Gennari, leggendo “Makers” di Chris Anderson, ci siamo detti: “Perché non esiste ancora un FabLab a Milano, capitale della moda e del design?”. Abbiamo quindi deciso di crearne uno grazie alla Fondazione Mike, proprio davanti alla Scuola del Design del Politecnico di Milano.
Quali sono gli ingredienti per aprire un FabLab?
A tal proposito l’altro giorno è entrato un ragazzo dicendo “la mia ragazza si trasferisce a Honolulu, voglio aprire un FabLab non sapendone niente: avete qualche consiglio?”. Noi pensiamo sia abbastanza facile aprire un FabLab. I macchinari non sono particolarmente costosi: la chiave sono le persone. Un FabLab si basa sulla qualità del capitale umano: sono necessarie umiltà e conoscenze specifiche su Arduino, stampa 3D, fresa e prototipazione. Il Comune di Milano sta mettendo a disposizione dei bandi per costruire makers spaces nella città, quindi le condizioni ci sono tutte.
Il MIT ha sul suo sito una lista mondiale dei FabLab, è così importante comparire su quella lista?
Poco tempo fa lo era, ora le cose stanno cambiando. È nata una fondazione italiana che raccoglie i FabLab della penisola e li aiuta a raccogliere fondi e a sopravvivere, partecipando a corsi di formazione e non solo. Altro palcoscenico importante è la pagina Wiki sui FabLab: tutti i FabLab del mondo vengono recensiti per qualità dell’ambiente, macchinari ecc.
C’è comunicazione e dialogo tra i diversi FabLab italiani?
Sulla carta è tutto molto open, ma essendo un ambito in forte espansione, tutti stanno cercando di avere un nome e una credibilità sugli altri. L’obiettivo vero della fondazione è quello di potersi interfacciare a livello più alto con enti governativi e amministrativi.
Sarà possibile vedere la nascita di altri makers space a Milano?
Credo sia fisiologico. In una città come Milano, la presenza di 5, 6 o 10 FabLab è quasi naturale. Di FabLab ce ne sono tanti in giro per l’Italia. I FabLab nascono per le idee, la voglia di creare e di fare delle persone, e in Italia in questo siamo i campioni. Con tutto il mondo degli artigiani digitali di cui è composta tutta l’area attorno a Milano, c’è linfa vitale per vedere nascita di molti FabLab.
Un luogo di prototipazione o Terza Rivoluzione Industriale?
Siamo all’inizio di un percorso. Come vent’anni fa per stampare su carta bisognava spendere 500 mila lire per un metodo di stampa con aghi, mentre ora con 20 euro è possibile riprodurre pure le foto, nel giro di uno o due decenni potremmo avere stampanti 3D professionali che ora costano 100 mila euro per meno di un centinaio di euro. Al momento le stampanti più economiche hanno delle forti limitazioni, costano fino ai mille euro e necessitano di competenze specifiche.
Tra 5 anni dove vedi FabLab Milano?
Tra 5 anni vedo tanti FabLab Milano. Ci stiamo spostando al piano di sotto con 400 metri quadri e corsi per bambini; collaboriamo tutt’ora con scuole e aziende per quanto riguarda la formazione. Ci saranno grosse novità. Noi vediamo un FabLab in ogni quartiere. Come trovi il barbiere e il tabaccaio, vedrai un FabLab. A Parigi c’è già la possibilità di stampare in 3D in ogni ufficio postale della città. Li vedo terminali di un sacco di iniziative. Quello che fanno gli incubatori di impresa legati al software, noi potremo diventarlo come luoghi in cui le aziende potranno attingere progetti innovativi. Qui si raccolgono energie positive, voglia e passione: qualità che ogni persona può avere. Un FabLab è un luogo speciale, soprattutto in un periodo in cui tutti si lamentano dell’economia e della crisi, qui si possono trovare persone con grinta, voglia di costruire novità e fare innovazione.
L’invito è di venire e vedere!