Felicità, una Questione di Relazioni

“Quando sei giovane ti dicono che devi superare gli esami all’Università, devi trovarti un lavoro, devi sposarti, devi essere felice. Tutte cose piuttosto difficili da ottenere, oggi.”

Partendo da questa considerazione di base, il filosofo e storico dell’Università di Oxford Theodore Zeldin ha studiato per circa 15 anni la vita degli esseri umani nel tentativo di capire che cosa li renda davvero felici. Il prodotto delle sue ricerche è una teoria precisa, esposta nel volume “Ventotto domande per affrontare il futuro” edito in Italia da Sellerio.

Specificando con perfetto aplomb britannico di non sentirsi un guru e di non possedere la ricetta della felicità, Zeldin preferisce definirsi “un uomo che per tutta la vita ha cercato di capire come vivere”. Alla veneranda età di 82 anni, sembra esserci riuscito.

La chiave per ottenere un’esistenza soddisfacente risiede, secondo lui, nella capacità di stabilire rapporti profondi e coltivare relazioni interessanti. Abbiamo continuato a credere, per anni, che le soluzioni ai nostri problemi sarebbero venute dall’economia e dalla politica. Il mondo di oggi ci dimostra che è stato un errore. Basti pensare che per la maggior parte di noi i momenti felici sono quelli passati in famiglia, con gli amici, nella dimensione privata. E’ da questa che dobbiamo cominciare, per trasportarne le dinamiche nella dimensione pubblica.

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Chi vive una vita isolata, si accontenta di un’esistenza limitata. Invece ogni individuo è unico e poliedrico e per valorizzare le proprie qualità ha necessità di ampliare gli orizzonti umani all’interno dei quali vive, conoscendo più persone, più a fondo. Ciò non significa rivoluzionare la realtà, ma cambiarla a piccoli passi: la proposta di Zeldin passa attraverso quella che lui chiama una “continua innovazione”, imperniata proprio sul valore del legame “one to one”. Per favorire la nascita di questi stessi legami il filosofo ha elaborato il metodo delle cosiddette “conversazioni strutturate”: due persone sono invitate a dialogare ponendo l’una all’altra alcune domande pensate per indirizzare il discorso sulla qualità delle proprie vite e sulle relazioni che le hanno segnate.

L’apertura agli altri, con un approccio esplorativo e costruttivo, ci consente di guardare al mondo da una pluralità di angolazioni, cogliendone rischi e opportunità e acquisendo una consapevolezza utile a modellare la nostra vita nel modo che più ci piace. Secondo Zeldin, non bisogna aver paura di mettersi alla prova, perché il fallimento, come in tutti gli esperimenti, fa parte del gioco: occorre capire che anche fallire, così come avere successo, è un elemento indispensabile della crescita individuale nonché un fattore determinante per potersi sentire davvero vivi.

Essere vivi, restituendo dignità a noi stessi tramite il contatto con gli altri, significa tornare ad esercitare la nostra libertà in modo autentico. Del resto, quello di libertà non è affatto un concetto scontato: “Per tanto tempo – afferma Zeldin – abbiamo considerato la libertà come un diritto da conquistare; invece, dobbiamo cominciare a ritenerla una competenza, da acquisire.”.

Che l’uomo fosse un animale sociale, in effetti, lo diceva già Aristotele: rispettare la nostra natura significa riconoscere il potere dell’ascolto, di una conversazione fondata sulla reciprocità. Certo, imparare ad essere liberi e felici non è mai stato un compito facile. Provare a farlo insieme agli altri, però, potrebbe essere molto più gratificante.