Candidatura. Campagna elettorale. Votazione. Elezione. Quattro parole che caratterizzano l’iter tradizionale su cui la democrazia odierna si regge ma dietro le quali si celano non soltanto promesse elettorali più o meno adempiute, ma soprattutto milioni e milioni di euro o dollari, a seconda del sistema che si decida di prendere in considerazione.
Si guardi alle “grandi democrazie occidentali”.
Da una parte Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia; dall’altra gli Stati Uniti.
Si tratta di sistemi che possono essere posti certamente a confronto ma prevalentemente al fine di evidenziare le differenze sostanziali esistenti in materia di finanziamenti ai partiti.
Germania e Francia presentano un sistema dualistico: la prima accoglie, da una parte un finanziamento pubblico pari ad un valore complessivo massimo fissato (133 milioni), erogato (o meno) in relazione al risultato elettorale e all’autofinanziamento del singolo partito stesso; dall’altra tanto donazioni quanto altre somme di denaro che fungono da contributo a titolo di quota associativa; la seconda prevede sia il ricorso a finanziamenti pubblici il cui tetto massimo è fissato in 75 milioni di euro, resi disponibili una volta presi in considerazione i voti ottenuti e la rappresentanza parlamentare, sia, allo stesso tempo, il ricorso a risorse derivanti dai “privati”. I sistemi presi in considerazione fin qui si equivalgono, pur prevedendo “soglie di sbarramento” differenti.