L’orologio per tutti batte il gioiello d’élite. Sarà l’americana Tiffany, colosso del lusso americano a risarcire con una penale da 328 milioni di euro la svizzera Swatch a causa dei danni subiti da quest’ultima nel triennio 2008-2011, anni in cui le due aziende avevano sottoscritto un accordo per produrre orologi con il marchio Tiffany. La ragione? I giudici del tribunale arbitrale olandese NAI hanno riconosciuto il fatto che Tiffany non collaborò con l’azienda svizzera nonostante l’accordo, ma ostacolò il progetto, tanto che l’intesa fu rescissa nel 2011 da Swatch non appena poté esercitare il proprio diritto. Respinta invece la contro-denuncia presentata dal colosso Usa avanzata nel 2012. Una sentenza storica, dai tratti machiavellici, quella che oppone due tra le più grandi multinazionali del settore degli accessori che si trascinerà dietro non pochi impatti a livello economico, in particolare per la multinazionale americana.
La condanna di Tiffany avrà infatti un impatto sensibile sui conti del quarto trimestre 2013, che si attestano attorno ai 300 milioni di dollari. Il risarcimento abbasserà i risultati sull’intero anno dai 3,65-3,75 dollari per azione ai 2,30-2,35 dollari. Dall’altro capo della cornetta, per Swatch, dopo anni di crisi per la fine di un boom delle vendite dei collezionatissimi orologi da polso, si prevede un sostanziale respiro. Una collaborazione mai partita che poteva dare vita ad una vera e propria rivoluzione in fatto di oggettistica che poteva creare un nuovo mercato per Tiffany e una maggior penetrazione da parte di Swatch in una fascia di prezzo medio-alta, nonché in un target più giovane e attento alla moda e al consumo. Mai un anello (Tiffany naturalmente) di un matrimonio così celebrato all’inizio si è dimostrato così poco calzante per due sposini naufragati anzitempo in un difficile quanto costoso divorzio internazionale.