Fortuna Vittima di Omertà

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La morte di Fortuna è colpa di tutti e se volete vi spiego anche il perché.

Ovviamente c’è un (presunto) assassino, già in carcere per altre violenze sulle figlie della compagna, che verrà processato ed auspicabilmente condannato (se verrà ritenuto colpevole).

Poi ci sono i vicini di casa, i condomini di chi ha violentato Fortuna, i condomini di chi ha scelto di uccidere una bambina perché si è ribellata agli abusi subiti in passato dicendo basta: c’è chi chiedeva alle nipoti di non parlare e c’è chi ha nascosto la scarpa di Fortuna per depistare le indagini; c’è chi ha visto qualcosa e ha scelto di tacere, per non aprire questo vaso di Pandora fatto di violenza ed orrore.

Per Fortuna qualcuno ha parlato: non gli adulti, troppo impegnati a salvare le apparenze, ma i bambini.

Parlano attraverso i disegni, parlano tratteggiando dei serpenti sulla faccia del (presunto) colpevole, parlano e le loro parole sono dei macigni: “Mi uccideva pure a me se andavo con Chicca”.

Una frase che non dovrebbe uscire dalla bocca di nessun bambino, e proprio in quel Parco Verde le piccole vittime erano tante e costrette al silenzio: non parlare che poi passa… e invece certe violenze non passano mai, come potrebbero?

Mi fermo qui sulle vicende, si sa ancora troppo poco e non sta a me fare il giudice, non sta a me chiedere punizioni esemplari e non sta a me fare il politicante di turno che chiede la castrazione chimica: ci sarà un processo e ho fiducia nel sistema giudiziario.

Vorrei però fare una considerazione di carattere generale sulla vicenda, tornando alla prima frase scritta: la morte di Fortuna è colpa di tutti.

È colpa di tutti perché in questo Paese c’è un cortocircuito mentale collettivo: troppa gente crede che denunciare sia una cosa da rompiscatole, come fare la spia, una cosa che crea solo problemi.

Certo, denunciare una violenza sessuale subita o di cui si ha notizia ti cambia la vita e inevitabilmente te la complica: visite mediche e psichiatriche, accertamenti e ricostruzioni, il processo di primo grado e probabilmente anche quello di secondo.

Certo, viviamo nel Paese della giustizia lentissima, delle pene spesso giudicate “ingiuste”, per qualcuno ci sono troppe attenuanti, per altri la prescrizione non funziona bene.
Avete tutti quanti ragione, nel frattempo però una bambina è stata violentata e poi uccisa.

E allora più di qualsiasi riforma della giustizia dobbiamo riformare il modo in cui alla giustizia ci relazioniamo: dai crimini di mafia a quelli di corruzione, dai casi di bullismo a questi episodi tremendi di violenze ed omicidi il problema fondamentale è l’omertà.

C’è chi vede (quasi) tutto e fa finta di niente, guarda da un’altra parte mentre una bambina subisce abusi tremendi, sceglie di essere complice – se non direttamente nel crimine – quantomeno nel nasconderlo e nell’insabbiarlo, nel depistare le forze dell’ordine e il nostro sistema giudiziario.

Bisogna essere chiari: questa cultura della vergogna e dell’omertà vive ed è radicata soprattutto nel Sud Italia.
Guardiamo in faccia la realtà e accettiamola per quello che è: per ogni episodio di criminalità organizzata c’è il solito cittadino intervistato che dice “qui la mafia/camorra/ndrangheta non esiste, la vera mafia sta a Roma”.

Spesso queste persone non lo fanno per connivenza con le mafie (almeno credo e spero che sia così), ma lo fanno per paura, per non complicarsi la vita e perché – diciamoci la verità – se Falcone, Borsellino, Peppino Impastato, Don Peppe Diana e Giancarlo Siani (come tutti i martiri di tutte le mafie) sono dei veri e propri eroi non possiamo pretendere lo stesso coraggio da qualsiasi cittadino.

Se non possiamo pretendere coraggio e spirito di sacrificio dobbiamo però impegnarci in un’opera di rieducazione alla legalità: va fatto capire, soprattutto ai giovani, che non basta non commettere crimini, bisogna anche avere il senso del dovere civico di denunciare i fatti di cui siamo testimoni.

Insieme a quest’opera di rieducazione va sicuramente riformato il sistema nostro sistema di giustizia, proteggere maggiormente chi denuncia e così facendo invogliare anche altre persone a fare lo stesso.

Come? Onestamente non ne ho idea, ma sono stanco di sentir dire da anni che “la mafia non esiste” da nessuna parte e sono altrettanto allibito dal sentire in questi giorni che le violenze che ha subito Fortuna non capitano soltanto a Caivano.
Certamente non capitano soltanto a Caivano, ma perché i tanti che sapevano non hanno parlato?

Nel dire queste cose non ci si sporca le mani di sangue, ma sicuramente la coscienza sì.