New York: Goodbye Little Italy?

I quartiere italiani, insieme a Chinatown, sono sicuramente uno degli elementi comuni di gran parte delle città del mondo, soprattutto nei paesi anglofoni. Fra tutti, simbolo e stereotipo dell’immigrazione italiana, spicca la famosa Little Italy di New York, con le sue tradizioni e i suoi ristoranti a sud di Manhattan. Un simbolo che oggi, secondo un’inchiesta del New York Post, rischia l’estinzione.

Lungo Mulberry Street, dove ogni anno a settembre si tiene la processione in onore di san Gennaro, non sono rimasti che 3 isolati a ricordare un quartiere che una volta ne contava fino a 50 con più di 10mila abitanti. Colpa degli affitti che negli ultimi mesi sono schizzati alle stelle, arrivando fino a $50mila dollari al mese e hanno costretto molti negozianti a chiudere bottega e a trasferire il loro business altrove.

Roberto Iannello Jr, proprietario dell’”Umberto’s Clam House” e presidente dell’associazione dei commercianti di Little Italy ha denunciato in una intervista al giornale americano, l’impossibilità di far fronte alle richieste esorbitanti dei nuovi proprietari dei palazzi: “pensano che sia la Fifth Avenue” protesta Iannello sottolineando che una volta che gli italiani coi loro locali se ne andranno esasperati, non ci sarà più modo di ricreare un’altra Little Italy nella zona o in altre parti della città. L’edificio dove c’è il suo ristorante, per esempio, è stato venduto per $17,5 milioni e l’affitto del locale è passato da meno di 17mila dollari al mese a 34mila, più del doppio. Già molti locali storici hanno chiuso i battenti come S.P.Q.R., che è stato trasformato in un negozio aperto solo per i regali di Natale, o “Il Fornaio”, una volta proprietà di Joseph Corrao, famoso gangster della famiglia Giambino.

La rivalutazione e riqualificazione urbanistica dell’intera area, però, non è l’unica minaccia che la comunità italo-americana di Little Italy deve fronteggiare. Problema molto più vecchio e radicato è la vicinanza con il quartiere Chinatown che, al contrario, è in continua espansione e già negli anni ’50 il “valicamento del confine” tra i due quartieri da parte di immigranti cinesi aveva creato qualche frizione tra le due comunità. Ma la questione è anche culturale. Nel 2011 le boutique Nolita, per esempio, hanno avanzato una richiesta formale al sindaco di accorciare la processione della festa di san Gennaro di almeno 3 blocchi per evitare che “le mani unte” dei festaioli possano, dalle bancherelle, arrivare ad insozzare i loro costosi abiti in esposizione. “Italiani da ogni parte stanno scrivendo al sindaco per difendere l’evento” ha affermato John Fratta, nipote di uno dei fondatori, nel 1926, della festa, “è qualcosa di davvero sacro, e se qualcuno cercherà di cambiarla o fermarla, vedrà il veleno”.

Chissà, però, se e per quanto i 3 isolati rimasti tra Canal e Broome Street riusciranno ancora a tener vivo questo ormai piccolo quartiere della metropoli americana, e se saranno sufficienti a conservare e trasmettere alle nuove generazioni la cultura e le tradizioni della comunità italo-americana, di cui ancora oggi Little Italy costituisce un grande punto di riferimento. Forse, come tutte le cose, è solo questione di tempo, e di tempi.