Avete presente i captcha, quei simboli alfanumerici distorti – spesso incomprensibili – che dobbiamo interpretare ogni volta che creiamo un account o effettuiamo un acquisto online? Google li ha rivoluzionati, presentando qualche giorno fa il nuovo “no CAPTCHA reCAPTCHA”.
Il Captcha era nato con l’obiettivo di impedire l’accesso ad alcuni servizi da parte di algoritmi software, per evitare spamming e malware e assicurando al provider del servizio che l’utente è un essere umano in carne ed ossa e non un robot.
Google ha però recentemente dimostrato che i software più tecnologici riescono ad eludere questo sistema di sicurezza il 99,8% delle volte, sottolineando l’arretratezza dei captcha, considerati infallibili fino a qualche anno fa. Nel 2011, un team di ricercatori di Stanford aveva realizzato uno specifico algoritmo – il deCaptcha – che riusciva rimuovere tutto il “rumore” dai simboli, riuscendo a distinguere le varie lettere a partire dalla loro forma grafica.
Per andare incontro alla sempre maggiore sofisticazione dei software, c’era bisogno di una risposta semplice e altamente tecnologica, che Google ha prontamente fornito.
Questa risposta si chiama “no CAPTCHA reCAPTCHA”, e si basa sulla semplice idea di chiedere all’utente di dichiarare che non è un robot. Non bisogna far altro che spuntare la casella “Non sono un robot”, e verranno analizzati elementi come l’interazione col box di dialogo e i movimenti del puntatore del mouse per verificare effettivamente che l’utente sia umano.
Agli gli user di smartphone e tablet sarà chiesto invece di correlare immagini, come per esempio quelle di animali. Nel caso in cui non si riuscisse ad identificare la natura (umana o meno) dell’utente, bisognerà comunque superare un ulteriore livello di sicurezza, inserendo il vecchio codice captcha. Questa nuova tecnologia è utilizzata al momento da Snapchat WordPress e da altri siti, con ottimi risultati in termini di velocizzazione nell’accesso.