I Like e la “Droga dei Selfie”: Ma è Vera Felicità?

Il lato esibizionista dell’essere umano si è concretizzato negli ultimi anni con l’arrivo dei social network. La pubblicazione di post e di foto private vengono raccolte in una sorta di fiera delle vanità, dove non si deve solo mostrare i lati incredibili, divertenti e sconvolgenti delle nostre vite, ma si deve addirittura dimostrare di avere qualcosa in più rispetto agli altri.

Il culmine di questa tendenza è proprio il selfie, una parola entrata di diritto nel linguaggio comune e che indica il semplicissimo autoscatto. Una tendenza come tante che è degenerata in tutorial per potersi scattare la foto perfetta e in una serie infinita di variazioni, pratiche indicative del fatto che questa moda è decisamente scappata di mano agli utenti di Instagram, il social fotografico per eccellenza. Autoscatti in ogni contesto e in ogni momento, dal Welfie durante l’ora di ginnastica all’Helfie scattato alla chioma lucente dopo l’appuntamento dal parrucchiere. Un ciclone mondiale del genere non poteva non evolversi assumendo sfumature sexy, e così è stato.

In principio è stato il selfie di chi ha la fortuna di avere un lato b che accarezza la perfezione, il Belfie, e successivamente si è passati al seno, mostrato mai integralmente ma condiviso con il resto del pianeta attraverso l’Underboob, il profilo sud, e il Sideboob, il profilo laterale, immortalato rigorosamente senza reggiseno.  La linea tra foto divertente ed esibizionista e scatto volgare e pericoloso è molto sottile. Il rischio maggiore è proprio l’inconsapevolezza: troppi gli scatti che sfuggono all’occhio preoccupato di un genitore, e ancora di più le foto che passano sotto lo sguardo del datore di lavoro o del responsabile delle Risorse Umane  dell’ufficio dei nostri sogni.

Ma se i rischi sono tali, per quale motivo continuiamo a mostrarci senza limiti? Semplice. Ciò che coccola il nostro lato narcisista non è la pubblicazione della foto, ma il ricevere feedback positivi, i like, che aumentano a dismisura la nostra autostima. Probabilmente questo è l’unico aspetto positivo del fenomeno: la sicurezza in noi stessi provoca inevitabilmente la felicità. Ma cosa succede se lo stesso social che democraticamente dona la possibilità di mostrarsi davanti a tutto il mondo 2.0, non ti fa sentire all’altezza?

È quello che è successo a Samm Newman, una 19enne americana che come moltissime coetanee ha pubblicato sul suo profilo Instagram una foto che la ritrae in intimo. L’azienda ha ritenuto la foto oltraggiosa per la politica antinudo del social e ha successivamente scelto di chiuderle il profilo. Se vi state chiedendo cos’avesse di diverso la foto di Samm da altri selfie, la risposta è semplice: porta la taglia 56. Il caso e le critiche a Instagram hanno fatto il giro del mondo, scatenando il disappunto di tante donne curvy che gridano il loro diritto di mostrare le proprie forme senza paura di essere giudicate.

I portavoce dell’azienda si sono scusati per l’errore di valutazione, ma il dibattito è ancora vivo: può un social ergersi a giudice e decidere di cancellare le foto che non rispecchiano il classico canone di bellezza imposto dalla società? Può un social network decidere quanto sei bella e quanto puoi mostrare? Samm ha riavuto il suo profilo, ed è diventata un esempio per tante donne che si sono sentite inferiori e giudicate dal mondo 2.0, con la speranza che la sua storia sia un piccolo passo verso un grande cambiamento.