Con l’età augustea e Mecenate, illuminato consigliere dell’imperatore Ottaviano, l’arte, in ogni sua veste, si mostra quale indispensabile strumento di affermazione, poi fondamento, del potere. Artisti, filosofi e letterati vengono finanziati da sovrani, aristocratici e membri dell’alto clero al solo fine di poter produrre opere intellettuali o materiali in totale libertà dall’angusto dovere della sussistenza. È innegabile che per la maggior parte di queste personalità proteggere le arti diventò una sorta di obbligo, di gara tra potenti (basti pensare al Rinascimento); spesso, però, l’attenzione per la cultura da parte di uomini politici fu sincera e proprio il rapporto con essa li portò ad aumentare e a legittimare la loro sfera d’influenza sulla società. Società che finì, di conseguenza, per riconoscere loro la gloria.
I secoli passano, così come evolvono i rapporti sociali: l’arte (forse) perde il suo storico legame con il potere ma non la necessità di essere finanziata. Tale è il fine ultimo di Amiex, Art & Museum International Exhibition Xchange, il primo markletplace internazionale, unico in Europa, dedicato alle mostre, tenutosi di recente (11-12 marzo) presso il Ligotto di Torino, che si riconferma così modello di città postindustriale rinata grazie ad un’oculata strategia culturale; luogo fisico e virtuale, grazie alla piattaforma telematica, in cui investitori, imprenditori e uomini della finanza rivestono il ruolo della romantica figura del mecenate ed incontrano direttori museali, organizzatori di mostre, galleristi, istituzioni, fondazioni ed operatori turistici per valutare le potenzialità di progetti e collaborazioni.
Il settore, che si è rivelato negli ultimi anni uno dei pochi in grado di reggere la crisi, attraendo 60 milioni di visitatori l’anno e occupando 500 mila posti di lavoro, genera un volume d’affari di 36 miliardi (2,6% della ricchezza nazionale), dimostrando di avere tutte le premesse per diventare uno dei motori della crescita. Grazie ad una nuova modalità strutturale ed organizzativa, si vuole riuscire a valorizzare ancor più le potenzialità dell’intero comparto, tenendo ben presente i gusti del pubblico. Nell’anno 2012 l’Italia ha visto circa 11 mila mostre; da un campione di 7555 analizzato, è risultato che il 52% sono state ospitate in luoghi privati, che la loro durata media è di 52 giorni, e che per il 60% sono costituite da esposizioni d’arte contemporanea e di fotografia, con sorpresa, più di quelle scientifiche, di design e moda.
L’evento promosso dalla Fondazione Industria e Cultura non è definibile come semplice salone, fiera o festival bensì possiede un format unico: è innanzi tutto una borsa specifica per mostre, volta alla proposta, produzione, co-produzione e compravendita di esposizioni. In Amiex si affiancano attività di business matching, con apposite aree riservate in cui i promotori artistici ed eventuali finanziatori possano interfacciarsi in loco davanti ad un caffè, e workshop tematici interessati all’ottimizzazione della redditività delle esposizioni e al confronto delle diverse modalità di gestione. Alcuni tra i temi che vi hanno trovato spazio riguardano le sinergie con ritorno economico tra imprese e musei, le potenzialità dell’uso nuovi strumenti digitali all’interno del settore e la monetizzazione delle mostre e dei patrimoni itineranti.
Il successo ottenuto da questo evento rivela come soluzioni di questo tipo, sebbene possano apparire sperimentali, siano vincenti e molto utili tanto alla realizzabilità delle proposte proprie degli operatori d’arte quanto alla convenienza degli investitori. Rimane un unica scomoda questione, ossia sperare che il mondo dell’impresa e della finanza, professionalmente distante dal settore artistico, non finisca per stravolgerne i fondamenti, senza realizzare una sterile competizione tra potentati, questa volta economici, su modello rinascimentale.
Photo credit: Amiex