La storia recente ci insegna che se nasci negli USA, anche se da una famiglia appartenente al ceto medio, potrai un giorno diventare il presidente degli Stati Uniti d’America. Se però nasci un po’ più a sud, in un barrio di periferia di Ciudad Juárez, Messico, non diventerai mai presidente o ministro. Potrai però diventare il capo di un cartello del narcotraffico come Joaquin ‘El Chapo’ Guzmán, leggendario capo del cartello di Sinaloa, considerato il vero sindaco della città più pericolosa del mondo. Una volta finito di leggere questo articolo saranno già morte 3 persone. Questo è quanto riportato dalle impietose statistiche. La causa è da ricercare nello smisurato potere dei narcotrafficanti messicani, ma non è tutto. Il peccato originale di Ciudad Juárez e di trovarsi al confine tra Messico e Stati Uniti, fungendo da cerniera fra il più grande fornitore ed il più grande consumatore di stupefacenti. Superfluo spiegare chi produce e chi consuma.
Per avere un’idea dell’entità del fenomeno basti pensare che lungo quel confine corrono più di 50 tunnel della droga; poche centinaia di metri sotto terra ed il prezzo degli stupefacenti aumenta di ben 4 volte, creando così un perfetto equilibrio tra domanda ed offerta. A farla da padrone è il cartello di Sinaloa. Sotto la guida del suo capo, il cartello è diventato un vero e proprio impero del crimine con mire espansionistiche globali.
Ai cartelli che hanno deciso di non combattere non rimangono che le ‘briciole’. Ragion per cui il cartello dei Caballeros Templares, per anni guidato da Nazario Moreno González, detto “El mas loco”, situato nella regione di Michoacán, ha ben pensato di diversificare il suo business. Truffa, estorsioni, rapine, ce n’è per tutti i gusti. Ciò che fa notizia però è il contrabbando di minerali ferrosi da poco scoperto dalle autorità Messicane. Lo scorso 3 marzo, sono state rinvenute 120000 tonnellate nei pressi del porto.
Lo stato di Michoacán, con le sue 900 miniere, è il maggior produttore di ferro del Paese. Questo viene smerciato in Cina per un prezzo che oscilla fra i $4 ed i $7 per tonnellata, per poi essere immesso nel mercato asiatico ad un prezzo di $125. Cifre irrisorie per i signori della droga, considerando che una tonnellata di polverina bianca vale ben $50 milioni. Ma i numeri sembrano dare ragione al cartello. Nel 2013, dal porto di Lázaro Cardenás sono salpate ben 30 navi trasportando 4 milioni di tonnellate, le quali rappresentano il 44% della produzione nazionale. Il 75% del ricavato finisce nella casse del cartello, il quale come moneta di scambio accetta di buon grado anche sostanze chimiche funzionali alla produzione di droghe sintetiche.
Nel contempo, a Ciudad Juárez continuano a morire assassinate più di 2000 persone ogni anno. La colpa è dei Narcos. Si, ma non solo. I cartelli della droga combattono la loro guerra anche grazie ai soldi dei consumatori, ed i recentissimi fatti di cronaca nazionali ci danno un’ulteriore conferma che, fra questi, ci siamo anche noi. E senza domanda non c’è offerta quindi, senza ricorrere a complicati sillogismi, possiamo affermare che la colpa è un po’ di tutti. Anche nostra.
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