Una nuova indagine del Pew Reseach Center, ha dimostrato che gli americani non sono disposti a esprimere liberamente le loro opinioni sui principali social network, come Twitter o Facebook. Un singolo individuo, nel momento in cui si accorge di avere un’idea contrastante con la maggior parte delle persone, ha la tendenza a non esprimere la sua opinione. Quello che è emerso nell’analisi del Pew è che ogni dialogo “reale” è soppresso, confermando la teoria della spirale del silenzio proposta da Noelle Neumann. Negli anni settanta, la sociologa tedesca ha descritto la difficoltà di una persona singola a esprimere il suo pensiero se in contrasto con l’opinione della maggioranza. Questa difficoltà d’espressione deriva dal timore d’essere isolati e rigettati dalla maggioranza. Il punto centrale della spirale del silenzio è che l’afflusso di notizie da parte dei media può rendere il pubblico incapace di esprimere una propria opinione, soprattutto se i media scelgono la diffusione di tematiche che incontrano la maggioranza, facendo sentire sempre più isolati chi ha un’opinione contrastate. La sociologa ritiene che i media non siano fautori della teoria del silenzio, ma possono trascurare determinati temi che, con il passare del tempo cadranno in una spirale del silenzio, insieme alle persone che vorrebbero che se ne parlasse.
Immagine tratta da www.pensierocritico.eu
I ricercatori del Pew hanno testato questa teoria sui social network, per vedere se il web potesse dare spazio a chi ha delle opinione minoritarie. Sono stati intervistati 1.800 statunitensi sul Gatedate e, stando ai risultati l’86% delle persone è disposto a esprimersi nella vita reale, mentre solo il 46% esprimerebbe l’opinione su Facebook o Twitter. Sempre secondo lo studio, chi esprime i propri pensieri sui social non è disposto a discuterne nella vita vera. Secondo i ricercatori la spirale del silenzio potrebbe propagarsi dai contesti virtuali a quelli reali.
Tornando al pensiero della Neumann le persone avrebbero un particolare sesto senso riguardo ai temi maggiormente condivisi dalla maggioranza e, grazie a questa innata capacità, si è propensi a scegliere argomenti che possano concordare con l’opinione generale. È possibile che ciò stia avvenendo anche nello spazio virtuale, andando contro gli studi che considerano il web come un “luogo” di dialogo, in cui anche le opinioni minoritarie e contrastanti possono essere liberamente espresse. Il fatto è che se la rete è un luogo, il social network frequentato diventa simile a un villaggio, anche se parliamo di realtà virtuali, sono comunque realtà create da persone reali con sentimenti avversi all’esclusione. Alla luce di ciò, nell’epoca attuale in cui tutto è condiviso sui social network, le persone sono realmente pronte ad aprirsi all’altro?