Il Costo Insostenibile del Cibo

Questa sera, all’ora di cena, il mondo avrà 219.000 commensali in più da sfamare a cui nessuno ha pensato. Ospiti inattesi che, prima o poi, inizieranno a cercare quel cibo che spetta loro come a qualsiasi abitante della Terra. Esiste un problema concreto di fabbisogno di cibo per i 9 miliardi di esseri umani, che ad oggi e da sempre hanno esigenze alimentari simili ma possibilità, per quantità e qualità, completamente differenti.

Quantità e qualità del cibo dipendono, in misura significativa, da elementi legati e/o dipendenti dal clima: idrologia, biologia, produzione agricola. L’U.N. Food Price Index, che definisce l’andamento dei prezzi a livello mondiale, ha stimato come il costo del cibo si sia raddoppiato fra il 2002 ed il 2012: un sistema non più sostenibile. In altri termini, la vera crisi proverrà dall’agricoltura, dalla sua capacità di rendere disponibili materie prime alimentari essenziali. Il clima ha un impatto immediato sui raccolti: il 2102 passerà infatti alla storia come l’annata più calda e torrida dal 1895 (anno zero della serie statistica) e l’estate del 2012 come la più secca dal 1956 negli Stati Uniti, dove il 45% del mais è stato considerato scadente o molto scadente e dove le scorte di grano e soya sono ai minimi storici. Il terrore che nei prossimi anni si ripeta una Grande Depressione (1929 allora, 2008 ora) seguita dalla grande siccità nel Midwest (il “Dust Bowl”, il deserto polveroso descritto in “Furore” di John Steinbeck) aleggia spaventosamente reale. Per la FAO, il disastro del 2012 è peggiore di quello del 2007-2008: ora c’è uno “shock” climatico accompagnato da una caduta reale dei raccolti. I prezzi all’ingrosso di soya e mais sono arrivati al record storico: per l’Onu attesta come ci siano gravi “conseguenze per i più poveri, ossia per quella vasta parte dell’umanità che spende il 75% del proprio reddito per acquistare il cibo”. Il pensiero corre al Bangladesh, all’Africa sub-sahariana, all’Egitto, tutti Pesi a rischio denutrizione in caso di innalzamento dei prezzi.

La crisi verrà esasperata a livello energetico: la sola produzione di energia elettrica utilizza infatti oggi più acqua dell’agricoltura, e di acqua si necessita pure per raffreddare le centrali termo-elettriche e nucleari, per estrarre petrolio e gas naturale e molto altro. Negli Usa, oltre la metà dell’utilizzo d’acqua è legata alla produzione energetica. Mentre l’opulenza brucia risorse, la povertà aumenta per l’assenza di risorse. Il caldo finiscono per danneggiare anche gli animali: i maiali mangiano il 30% in meno di mangime, le vacche producono il 20% in meno di latte.

La preoccupazione per l’accesso a spazi coltivabili, in diminuzione per la progressiva desertificazione di aree coltivate a causa della siccità, ha portato al cosiddetto “land grabbing”, l’acquisto di vaste aree a poco prezzo. In Africa, nel solo 2010, le acquisizioni di terre da parte di Paesi stranieri sono state 464 per un totale di 140 milioni di acri, più di 2 volte il totale degli acri coltivati a mais e grano negli Stati Uniti.

Vacuo parlare, in queste condizioni, di sviluppo sostenibile. L’equilibrio attuale e prospettico non può reggere e pertanto occorre ripensare a livello globale cosa coltivare (il primo passo potrebbe essere quello di optare per prodotti alimentari che richiedano meno acqua per crescere) ma soprattutto che tipo di energia sviluppare e utilizzare.

 

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