Il Fenomeno Temptation Island

Probabilmente averlo seguito (non solo le prime due puntate, proprio tutte le stagioni) non mi fa onore. Ma da un lato penso che qualsiasi cosa esca dalla mente di Maria De Filippi meriti attenzione morbosa e ossessiva, dall’altro credo che se gente tipo Durkheim, Comte e Pareto fossero vissuti ai giorni nostri avrebbero lasciato perdere quelle pippe siderali su disuguaglianza, alienazione, stratificazione sociale e lotta di classe e si sarebbero piazzati ogni martedì sera davanti a Canale5 con un chilo di gelato al pistacchio a osservare il genere umano.

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La prima puntata di quest’anno, trasmessa martedì scorso, ha registrato 2.786.000 telespettatori, battuta (di poco) solo dai 2.970.000 di Piedone l’Africano, in memoria dell’appena scomparso Bud Spencer, ma con uno share più alto (14,53% contro 13,65%). La domanda, nella mente di intellettuali e radical chic, sorge spontanea: perché?
Mettiamo da parte i vani tentativi di spacciare il nostro seguire le vicissitudini di dodici casi umani –per chi fosse nuovo al format, sei coppie non sposate e senza figli vivono in due villaggi separati per tre settimane sperando di resistere (e che l’altro resista) alle tentazioni di dodici fregne e dodici manzi tutti strenui osservatori della più arcaica dottrina epicurea– per interesse antropologico finalizzato alla redazione di un saggio breve in sociologia. Perché non è così. Mettiamo da parte anche le motivazioni che spingono i partecipanti a partecipare: è pacifico che lo facciano non per “mettere alla prova il loro sentimento” ma per visibilità, ed è più che lecito scegliere di versare qualche lacrima in mondovisione sapendo che verranno asciugate quando i vari brand inizieranno a offrirti 5 mila euro per pubblicare un selfie su Instagram con addosso la loro ultima t-shirt. Mettiamo da parte, infine, le varie teorie complottiste secondo cui (da leggersi con rigido accento palermitano) tutto pilotato è. Personalmente credo che non ci sia bisogno di pilotare certe dinamiche perché la realtà lasciata a se stessa saprebbe essere più assurda di un copione scritto a quattro mani da Shonda Rhimes e Alfonso Signorini. E poi, soprattutto: chissenefrega. Non ci importa assolutamente niente che quello che accade accada realmente. No, perché messe da parte tutte queste minuzie rimane ciò che davvero rileva. Ovvero sia che guardiamo Temptation Island perché Temptation Island risponde meravigliosamente ad almeno due nostre esigenze.

La prima è il sacrosanto bisogno di ignoranza. Una già ha una vita di merda. Arriva a casa reduce da 12-15 ore di frantumazione gonadi e violenza cerebrale tra modelli, analisi, credit paper, tabelle pivot, simulazioni di rating, bilanci, indici, conference call, ricerche di mercato e approfondimenti di settore –il che comporta ad esempio imparare la differenza tra freni a disco e freni a tamburo che in confronto ho fatto meno fatica a imparare il fuorigioco– ed è molto difficile che subito dopo liberarsi dei tacchi il suo primo desiderio sia leggere Proust o avvicinarsi al cinema russo d’avanguardia. Ciò che vuole, e soprattutto ciò di cui necessita per preservarsi psicofisicamente, è staccare il cervello. Lasciare che le onde cerebrali si appiattiscano quasi totalmente, e dico quasi perché le sinapsi dell’input “ingurgita gelato” devono rimanere vigili e attive. Per il resto ci si deve abbandonare a quelle due ore di lobotomia, lasciarsi cullare dall’oblio della lucidità nonché dal sonno della ragione che secondo Goya genera mostri. Al giorno d’oggi genera più che altro il trash, che dopo averli visti tutto il giorno alla scrivania di fronte, i mostri è in grado di farteli dimenticare. Almeno fino alla sveglia.

La seconda, per qualcuno più importante, è il fatto che Temptation Island soddisfi quella sottile forma di sadismo sentimentale insita in tutti noi, non tanto perché siamo delle persone orribili (o forse sì, sarebbe bellissimo) quanto perché ci sono fasi della vita in cui hai bisogno di constatare che c’è chi è messo peggio di te. Io ad esempio sono in una di queste fasi da 25 anni. Ma c’è anche chi è appena stata lasciata, illusa, abbandonata, derisa, cornificata, visualizzata e non risposta, e quale migliore palliativo di immergersi nelle teatrali reazioni di dodici comuni mortali che nel giro di un giorno e mezzo vedono vacillare pericolosamente un sentimento che nel video di presentazione era quello da favola e del per sempre. Certo, qualche piccolo studio antropologico comunque lo si può elaborare, anche perché i tratti in comune sono irrimediabilmente molti: gli uomini troieggiano imbesuiti perché si trovano in mezzo a dodici tocchi di puledra gattamortaia dai quali nella vita reale non verrebbero notati neanche se ci facessero un frontale in macchina, gli stessi uomini ovviamente si indignano schifati se la fidanzata nell’altro villaggio si fa passare l’olio a tavola da uno dei single perché mannaggiacazzo sei la mia donna non ti devi permettere di farti condire la caprese da un altro. Ma in genere un po’ di voce grossa e per loro finisce lì. Le donne si interfacciano in modo più sobrio (salvo alcune eccezioni tipo la Rihanna dei poveri di quest’anno) ma con conseguenze interiori drammatiche: non avendo probabilmente mai parlato con persone di sesso maschile al di fuori del partner, basta un breve confronto verbale per farle rendere conto di tutte le cose che lui non fa, delle attenzioni che non dà, delle frasi romantiche che non dice, delle cene che non organizza, delle portiere che non apre e delle rose che al massimo sono tatuate sul tricipite accanto alla scritta i love you mom.

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E tu sei lì, sul tuo divano, col tuo gelato, i tuoi neuroni azzerati e la tua pupilla fissa che ti senti già meglio, che pensi di volere un po’ bene a tutti loro e che ti senti di dare un paio di dritte agli intellettuali radical chic che scrivono su facebook di quanto il programma sia stupido e di quanto sia stupido chi lo guarda: primo, se perdi tempo a commentare azioni stupide di persone stupide perdonami tanto ma il sillogismo non porta a concludere che tu sia un genio. Secondo, anziché occuparti di tutta questa stupidità degradante per il mal seme d’Adamo, la prossima volta, amico mio, tromba. E se non ti ricordi come si fa, il martedì sera su canale5 danno Temptation Island.