1979: Deng Xiao Ping inaugura la politica del figlio unico. Dicembre 2013: la Corte Suprema di Pechino allenta il controllo delle nascite, permettendo alle coppie delle zone urbane di avere più di un bambino. In più di 30 anni il governo cinese aveva concesso solo 2 eccezioni, alle minoranze etniche e alle coppie rurali dell’ovest, che potevano avere un secondogenito, ma solo nel caso in cui il primo figlio fosse stato una bambina.
Per il resto della popolazione invece poche sono state le strade per sfuggire alla rigida politica di pianificazione familiare. Tragica quella dell’infanticidio femminile, che ha provocato ad oggi la mancanza di circa 80 milioni di donne nel Paese. Diffusasi con l’aumento del benessere delle famiglie, quella del pagamento della salatissima multa governativa. A gennaio il regista Zhang Yimou, Orso d’Oro a Berlino, ha dovuto pagare 900mila euro dopo aver ammesso di essere padre di 3 figli (www.lastampa.it). Ma sui 420 milioni di cinesi che devono ancora subire la politica del figlio unico, pochissimi sono quelli che possono permettersi di affrontare queste spese.
Il problema è stato risolto da molti genitori grazie alle adozioni online, un settore che però è cresciuto in maniera sregolata, portando le autorità cinesi a chiudere la piattaforma di riferimento: “La casa dove i sogni diventano realtà”. Alla Reuters Zhou Daifu, 27enne inventore del sito, ha dichiarato che il progetto era nato per aiutare chi non voleva scegliere né la strada dell’aborto, né quella dell’abbandono. Tuttavia le accuse restano gravissime: traffico di essere umani. Sì, perché la “Casa dei sogni” si era col tempo trasformata in un sito di aste on-line, una sorta di eBay dei neonati, dove l’offerta, costituita da cinesi indigenti delle periferie urbane o delle province orientali, e la domanda, la borghesia o i nuovi ricchi, spesso moglie sterile, potevano incontrarsi e trattare. La comunicazione veniva resa anonima e sicura da Tancent QQ, il WhatsApp cinese, oppure gestita attraverso alcuni agenti intermediari. Secondo le autorità tra il 2007 e 2012 quasi 40.000 neonati sono stati “adottati”. Il prezzo? Si stima che il 70% delle famiglie abbia chiesto tra i 30 e i 50mila yuan (dai 4000 ai 6000 €) per bebè.
Daifu si è difeso affermando che la polizia è sempre stata avvertita quando c’erano casi sospetti. Eppure a marzo l’esperimento della “Casa dei sogni” si è trasformato in un incubo. Più di 1000 arresti in 27 province e 400 neonati recuperati prima che potessero essere venduti. Un grave danno d’immagine per il Ministero degli Affari Civili e il suo Centro per il Welfare e le Adozioni, che non hanno saputo ascoltare e rispondere ai pressanti bisogni della popolazione. Una piattaforma digitale per lo scambio di informazioni potrebbe rappresentare, se ben gestita, una valida soluzione al problema dell’aborto e dell’abbandono di bambini nella terra del dragone, dove ricorda Wang Zhenyao, Presidente del China Welfare Research Institute dell’Università Normale di Pechino, vengono ancora oggi abbandonati 10.000 neonati ogni anno.