Il premio Nobel per la Chimica del 2002 Koichi Tanaka ha detto una volta che ciò che differenzia principalmente un ingegnere chimico da un chimico “è la scala. Dalle provette agli impianti produttivi c’è una bella differenza”. Progettare, costruire e rendere funzionali macchine ed impianti industriali è un lavoro che implica grandi responsabilità e che necessita di studi lunghi e impegnativi. Lo sa bene chi studia ingegneria chimica: secondo i dati del XVI Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati in Ingegneria Chimica tra i laureati di primo livello, a un anno dalla laurea, ben l’82% prosegue il proprio percorso formativo, contro il 55% del complesso degli ingegneri triennali.
Quella di Ingegneria Chimica rappresenta una scelta vincente, se non la migliore in un’Italia che ha visto incrementare il suo tasso di disoccupazione dal 6,1% del 2007 al 12,7% di oggi. A 5 anni dal conseguimento del titolo, i laureati magistrali in Ingegneria Chimica hanno un tasso di occupazione del 94%, mentre la stabilità lavorativa raggiunge l’89% degli occupati: per l’82% di questi il contratto a tempo indeterminato è ancora una solida realtà. Solo all’ 11% è stato offerto il tempo determinato, mentre il 7% ha un contratto di lavoro autonomo. Inoltre ben il 67% degli ingegneri chimici svolge un lavoro attinente ai propri studi, un piccolo miracolo in un mondo del lavoro iperflessibile.
Il rapporto, presentato il 1 aprile nel corso del Convegno “Interfaccia col mondo del lavoro degli ingegneri chimici” organizzato dall’Associazione Italiana di Ingegneria Chimica alla Sapienza di Roma, parla chiaro. In media, gli ingegneri chimici studiano più di tutti, e, a 5 anni dalla laurea, stanno meglio, non solo dei laureati italiani (solo il 73% di loro ha un lavoro stabile), ma anche degli altri ingegneri, che fermano il loro dato di stabilità lavorativa all’85%, contro l’89% dei loro “cugini chimici”. In particolare, bisogna notare come questa laurea cominci a dare i suoi frutti solo dopo qualche anno. Infatti, appena dopo la fine degli studi, lavora il 62% dei dottori, contro il 67% degli altri ingegneri (comunque meglio del 55% del totale delle altre magistrali).
Secondo uno studio indipendente della comunità internazionale di studenti e accademici QS TopUniversities 3 atenei italiani, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino e Università di Bologna, si trovano nella lista dei 100 migliori atenei al mondo per studiare Ingegneria Chimica www.topuniversities.com/university-rankings. Vi sentite portati o siete interessati a questo percorso? Bisogna solo rimboccarsi le maniche!