La Corea del Nord, come tutti sappiamo, è lo stato che adotta le politiche più repressive al mondo. Non c’è libertà di stampa, non ci sono media indipendenti e sono poche le persone che hanno accesso ad internet.
Una rappresentazione esemplificativa della soffocante politica del Paese può essere trovata nel loro server DNS. Un errore di configurazione di un root nameserver (un server DNS che risponde alle richieste di risoluzione dei nomi riguardanti il namespace del dominio principale, detto appunto root) ha permesso agli hacker di mappare la rete internet nordcoreana dall’esterno (la Corea del Nord ha una versione di internet diversa da quella comunemente conosciuta a cui si può accedere solo se si è all’interno del paese).
Si è scoperto che sono presenti solo 28 siti web all’interno del dominio principale .KP. Avete capito bene, solo 28.
Alcuni sono link non funzionanti, altri sono attivi. Un sito di questi, cooks.org.kp, contiene informazioni sulla cucina tradizionale nordcoreana. Un altro, gnu.rep.kp, riporta notizie di scienza e tecnologia della Corea Del Nord. L’unico link dedicato alla pubblicità è di Sili Bank, una compagnia che offre servizi di posta elettronica.
Questa è l’ennesima dimostrazione della natura oppressiva della Repubblica Popolare Democratica di Corea (o almeno, così si fanno chiamare).
D’altronde non c’è da stupirsi. La Corea del Nord è notoriamente conosciuta per non perdonare coloro che intaccano l’onore nazionale. Quelli che sbagliano vanno puniti. Lo scorso anno un fattore fu giustiziato su ordine di Kim Jong Un per “incompetenza”. La stessa fine era toccata al ministro della difesa Hyon Yong-Chol, brutalmente ucciso perché aveva osato schiacciare un pisolino durante una parata militare.