No all’Europa a due velocità. Sì al rilancio di un progetto europeo comune nel solco dei Trattati di Roma. In un’intervista a Smartweek, Alessandra Lanza, Partner di Prometeia e consigliere di GEI (Gruppo Economisti di Impresa), spezza una lancia in favore dell’Europa così come era stata pensata il 25 marzo del 1957. E a chi chiede l’uscita dell’Italia dall’area euro non lesina un giudizio severo: “Sono degli irresponsabili”.
Partiamo dall’Italia. Pochi giorni fa il ministro Poletti è stato oggetto di critiche per aver detto che si “creano più opportunità di lavoro giocando a calcetto che inviando curricula”. E’ falso o dietro questa affermazione c’è un fondo di verità?
Le rispondo facendo leva sulla mia esperienza. Quando noi eravamo giovani e quindi ci trovavamo ad affrontare il mercato del lavoro con meno difficoltà ma comunque con davanti delle sfide, consideravamo chi andava a giocare a tennis con il dirigente di turno un comportamento da evitare nella maniera più assoluta. Dovevamo essere valutati tutti. La nostra generazione è cresciuta con una fiducia importante nella meritocrazia che poi si è scontrata con la realtà. Detto questo in tutti gli ambienti ci sono dei passaggi un po’ laterali ma non devono essere quelli i momenti in cui si crea la fiducia. Io questo concetto lo contesto e lo trovo molto sbagliato perché avvalora la tesi che il passaparola sia più forte che creare un contesto vero e competitivo dove c’è flessibilità in uscita e flessibilità in entrata. Io spezzo una lancia in favore della meritocrazia.
Il governo Gentiloni su pressione dei sindacati ha deciso di eliminare i voucher. Le imprese hanno storto il naso. Secondo lei la misura presa dall’esecutivo è giusta o sbagliata?
Giusto e sbagliato è difficile dirlo. Non è uno strumento contestabile. L’applicazione può diventarlo. E’ tutto un tema di regole. Vanno fatte rispettare. E’ un po’ come la questione degli investimenti esteri. Sono buoni o sono cattivi? Ci fanno crescere o ci portano via i marchi e ci svuotano le aziende? E’ un tema di regole. Di per sé sono buone. Tutto sta nel come le si applicano.
Lei è anche consigliere di GEI oltre ad esserne stata presidente per alcuni anni. In GEI vi confrontate sull’attualità economica ma non solo. Visti i recenti dati altalenanti sia sul PIL che sugli occupati, ci può dire qual è lo stato di salute dell’economia italiana?
Lo stato di salute dell’economia italiana è di ripresa, ancora moderata, ma di ripresa. Siamo su un sentiero modesto ma solido con tanti rischi all’orizzonte: dalle elezioni italiane a quelle francesi e tedesche. In realtà la preoccupazione più grande che possiamo avere come Italia è la politica americana. Non solo perché ci riguarda direttamente in quanto paese esportatore verso gli Stati Uniti ma anche perché sta ridisegnando rapidamente una serie di regole che hanno un impatto mondiale non ultima quella sul clima. E’ presto per valutare quanto di quello che dice, Trump effettivamente riuscirà a fare. Come abbiamo visto il Congresso non è così manipolabile come lui penserebbe. La sconfitta sull’Obamacare ne è un esempio.
In questi giorni si parla molto della manovra correttiva che il nostro Paese deve approntare dopo i richiami di Bruxelles. Eppure in Italia si fatica a coniugare crescita con il rispetto delle regole europee. Come si esce da questo impasse?
Se ne esce portando un programma di riforme ambizioso. Che era stato cominciato ma che ora subisce qualche inciampo. Questo programma è ineludibile qualsiasi sia la forza al governo. Il sistema ha bisogno di una serie di riforme. Il carico del debito c’è e non va dimenticato. Per sostenere la crescita o si porta a compimento un percorso che necessariamente hanno un costo di breve periodo a favore di un risultato medio lungo, oppure è difficile che la situazione evolva. Senza riforme il Paese è destinato ad una stagnazione prolungata per i prossimi 20 anni.
Oggi a Bologna, Prometeia organizza un incontro che avrà come tema “L’Europa tra rischi e opportunità”. Come lei saprà, quest’anno ci saranno due importanti appuntamenti elettorali: le elezioni francesi e quelle tedesche. Soprattutto le prime preoccupano Bruxelles con lo spauracchio Marine Le Pen. L’Unione Europea così come l’abbiamo conosciuta è davvero a rischio?
La preoccupazione è sensata anche se rispetto a pochi mesi fa la situazione è in leggero miglioramento. L’Europa è un progetto a cui non possiamo rinunciare perché se non siamo uniti di fronte ai giganti emergenti non siamo niente. E’ un dibattito che è stato mal impostato.
Mercoledì con la lettera inviata a Bruxelles è iniziato ufficialmente il processo che porterà il Regno Unito ad uscire dall’Unione Europea. Che impatto avrà la Brexit sull’Italia?
Molto contenute. Se guardiamo all’interscambio commerciale tra il nostro paese e il Regno Unito perdiamo poco. Si tratterà di più che altro di ridirezionare i flussi di export verso altre aree. Tuttavia è un processo molto lungo. Bisogna capire quali sono le misure che verranno messe sul tavolo. E’ ancora troppo presto per fare valutazione ma sicuramente Brexit sarà un problema per Londra. Molti attori della comunità finanziaria hanno già deciso di spostare i propri quartieri generali e uffici dal Regno Unito in Germania e Francia. E’ certamente un segnale politico preoccupante ma non economico per l’Europa.
Si parla tanto di Europa a due velocità per superare le difficoltà insorte negli ultimi anni e fermare l’onda populista. Lei è d’accordo?
Non sono d’accordo. In molti hanno accolto l’Europa a due velocità con grande entusiasmo ma secondo me è un modo come un altro per dire “salviamo il salvabile”. Piuttosto rilancerei un progetto europeo comune che riprenda le regole sancite durante la fondazione dell’Europa. Sviluppiamo l’area euro facendo i passi di integrazione che mancano.
In Italia alcune forze politiche, Lega e Movimento 5 Stelle, invocano l’uscita dall’area euro…
E io le rispondo con due parole: sono irresponsabili.