Com’è giusto che sia, non è soltanto un modo di dire ma il titolo dell’ultimo romanzo di una delle scrittrici italiane più acclamate e seguite. Una donna che ha saputo credere nella bellezza dei propri sogni. Marina Di Guardo, infatti, autrice e madre coraggiosa, ha scelto di lasciare il suo vecchio lavoro per approdare in tutte le librerie, in cima alle classifiche, scommettendo con leggerezza e senza tante riserve.
“L’esperienza nelle vendite per Blumarine è stata formativa e mi ha permesso di capire subito la psicologia delle persone che avevo davanti” – rivela -, però al cuor non si comanda e quando le sue figlie diventano grandi abbastanza per intraprendere – “com’è giusto che sia” – ognuno la propria strada, prende una decisione per nulla scontata, a mio avviso esempio di coraggio, ovvero mettersi in gioco e coltivare quella passione che nel cassetto, senza troppi dubbi, scalciava e soffocava già un po’.
Perché l’esperienza è una lezione che si impara soltanto col tempo e Marina ha saputo aspettare il momento giusto. Madre inoltre, corretta ed equa anche in questo. Le foto non mentono e si capisce subito che Chiara Ferragni le ha “rubato” non soltanto gli occhi ma anche il sorriso. Ma lei è attenta, scrupolosa e dedica le stesse identiche attenzioni alle altre due figlie, perché ha vissuto, sulla propria pelle, cosa significa essere la meno desiderata.
E, forse, senza quel pizzico di melanconia, incanto e sofferenza oggi non riuscirebbe a trasmettere le stesse emozioni, quei penetranti particolari che rendono profonde, affascinanti e riconoscibili le sue storie, perché ci spingono ad andare oltre ciò che è dato e affrontare quello che, attraverso grandi corazze, ci hanno insegnato a nascondere.
Racconti che, a piccoli passi, partendo dalla “città delle tre T”, Cremona, l’hanno consacrata tra i big del nostro tempo e, i lettori, acclamata in ogni angolo d’Italia, come nella Mondadori di Piazza Duomo a Milano, in una cornice surreale. Marina, dunque, una scrittrice ma prima di tutto una donna che non ha modelli da seguire ma soltanto il suono della propria anima. Un successo inaspettato forse, ma vissuto con grande umiltà.
E questo lo si percepisce subito. A cui sembra non essere ancora abituata o forse, eludendo ogni vacua forma di vanità, a cui non vuole abituarsi. E a me, viene spontaneo pensare… Com’è giusto che sia.
Buongiorno Marina. Il suo nuovo romanzo “Com’è giusto che sia”, edito Mondadori, sta avendo un grande successo. Come vive questo momento?
Questo è per me un momento molto impegnativo, denso di soddisfazioni. Sto presentando il mio libro in tutta Italia, questa settimana sarò a Roma e ad Ancona, quindi a La Spezia, Marina di Massa, Catania, Napoli e tante altre tappe ancora, tra cui anche la Svizzera italiana. Amo il rapporto diretto con i lettori così come è un’autentica gioia ricevere messaggi da tante persone che hanno letto il mio Com’è giusto che sia e l’hanno apprezzato.
Precedentemente ha pubblicato generi e storie diverse anche attraverso differenti case editrici. Ricordiamo “Non mi spezzi le ali”, “L’inganno della seduzione”, “Bambole gemelle” e “Frozen bodies”. C’è un filo conduttore che unisce, seppur in maniera invisibile, la trama dei suoi racconti?
Se dovessi individuare un filo conduttore che accomuna tutti i miei romanzi, non avrei esitazioni: è l’invito a non fermarsi alle apparenze, ma scavare, esplorare, arrivare al lato più nascosto, quello che fa più male.
Leggiamo che ha lavorato per diversi anni nella moda come vice direttrice dello show-room di Blumarine. Cosa le ha dato questa esperienza e cosa l’ha spinta, invece, ad abbracciare una passione così forte – quella per la scrittura – che covava, come ha più volte raccontato, da molti anni?
L’esperienza nello show-room di Blumarine è stata molto formativa. Mi occupavo dei rapporti con la clientela estera e italiana e ho gestito anche le relazioni con la stampa. Ho avuto modo di conoscere persone diverse, affinare la capacità di capire, in pochi minuti, la psicologia di chi avevo davanti per intuirne i gusti, le esigenze, le aspettative. E’ stata un’ottima palestra di vita, un’esperienza che mi ha dato molte gratificazioni. Dentro di me però, persisteva la voglia di esprimermi in maniera più profonda, più strutturata. Ho sempre avuto la passione della scrittura, passione che ho cercato di coltivare anche nei momenti in cui ero più occupata con il lavoro e la famiglia. Quando le mie ragazze sono diventate grandi, ho avuto più tempo a disposizione e ho deciso di metterlo a frutto per ottenere qualcosa di più dei racconti e dei piccoli componimenti a cui mi ero limitata. E’ nato così il mio primo romanzo, L’inganno della seduzione.
Ci sono persone, colleghi, modelli che l’hanno ispirata e con cui, magari, si interfaccia e confronta i suoi lavori?
Non voglio avere modelli da seguire. Leggo molto, apprezzo innumerevoli scrittori, sia classici che contemporanei, ma cerco di avere uno stile personale, ben definito. Il mio stile.
Qual è il suo rapporto con la scrittura? Un rapporto quotidiano o basato sul momento in cui trova la giusta ispirazione?
Credo che la scrittura debba essere un impegno costante, continuo. A volte, le dita scorrono veloci e sicure sulla tastiera, ma non sempre è così facile. Può accadere che non si riesca a scrivere qualcosa di veramente convincente. Insistere non serve a niente, meglio lasciar perdere e dedicarsi ad altro. Per fortuna, non mi capita di frequente.
Cosa pensa della crisi dell’editoria messa a dura prova dalla velocità e dall’immediatezza del web? La carta sopravviverà?
La crisi è palpabile, come non rendersene conto? In tutto il mondo si legge sempre meno, sia libri che giornali. Tutto è diventato più veloce, più fruibile, a scapito della riflessione e della qualità. La flessione dell’editoria c’è stata e ci sarà ancora, ma sono ottimista: leggere un buon libro dà un piacere inestimabile, qualcosa che nessun social network potrà mai rimpiazzare.
Tornando al suo ultimo romanzo “Com’è giusto che sia”; Dalia, la protagonista, ha vent’anni e un mondo da conquistare, eppure vive intrappolata nell’insicurezza a causa, probabilmente, di un affetto paterno mai ricevuto. Dalia è frutto dell’immaginazione o una storia che ha conosciuto e potuto in qualche modo vivere?
Non direi che Dalia viva intrappolata nell’insicurezza, al contrario è una figura forte, decisa. Porta avanti il suo progetto di morte con meticolosità e grande attenzione ai dettagli. Sa quello che vuole e come ottenerlo. E’ un personaggio che ho delineato usando la mia immaginazione, non ha nessuna attinenza con la realtà.
Inoltre, lei è nota alla stampa anche come madre di Chiara Ferragni, Influencer tra le più famose al mondo. Quali sono i consigli che ha dato a sua figlia quando ha iniziato ad approcciarsi al mondo dei blog con “The Blonde Salad”. Credeva avrebbe raggiunto così tanto successo? Ha sempre supportato le sue scelte?
Chiara è sempre stata molto determinata e decisa. Ha fatto tutto da sola, nessuno, nemmeno lei, avrebbe mai immaginato il successo planetario che ha poi raggiunto. Io l’ho sempre sostenuta, incoraggiata. Tutti i genitori dovrebbero credere nei propri figli, dare fiducia, avere massima cura dei loro sogni.
Inoltre, come si evince dai social, lei è mamma anche di altre due ragazze a cui è molto legata. Come fa a dare le medesime attenzioni ad ognuna di loro e che tipo di rapporto ha instaurato?
Ho vissuto in prima persona cosa significhi essere la figlia meno desiderata della famiglia. Per mio padre sono stata una delusione sin dalla nascita: come primogenito avrebbe desiderato un maschio. Quando sono nati i miei tre fratelli, inutile dirlo, sono diventata ancora più invisibile. Questa esperienza mi è servita per capire quanta sofferenza portino le disparità e quanto sia importante dare attenzione e amore, in egual misura, a ognuno dei propri figli.
Cosa pensa degli strumenti social come Instagram, con cui è possibile raggiungere un buon livello di popolarità e di condivisione dei propri interessi ma, al tempo stesso, possono essere arma a doppio taglio. La cronaca ricorda tanti casi di cyberbullismo.
I social network sono per me importanti strumenti di lavoro e per molte persone rilassanti momenti di svago. Bisogna, a mio avviso, usarli con attenzione e prudenza, ben consapevoli che ciò che viene divulgato rimarrà in rete per sempre.
Secondo lei un giovane ventenne appassionato di scrittura, giornalismo e affascinato dal mondo della comunicazione, cosa dovrebbe fare per ottimizzare al massimo il proprio tempo e riuscire a soddisfare le basilari e lecite ambizioni?
Dovrebbe credere in se stesso, impegnandosi al massimo. In questo, come in tutti gli altri ambiti lavorativi
Infine, ad oggi è un’affermata scrittrice conosciuta in tutto il mondo e fatico a credere ci sia ancora qualcosa di irrealizzato nella sua vita. Forse sbaglio?
La ringrazio per la sua affermazione, purtroppo non corrispondente alla realtà. Non sono conosciuta in tutto il mondo, magari! Uno dei miei desideri più grandi? Trovarmi in una città estera e vedere i miei libri tradotti nella lingua di quel luogo.