Irlanda: Hub Tecnologico o Paradiso Fiscale?

In Irlanda si sta assistendo negli ultimi anni a un’eccezionale espansione del settore tecnologico, da una parte grazie al contributo di colossi tecnologici come Apple, Facebook, Twitter e Google, dall’altra grazie alla nascita di numerose startup. La tech-economy ha rappresentato per l’Irlanda una via d’uscita dalla profonda recessione e continua a essere uno stimolo per l’intera economia. Ciò che colpisce del caso irlandese è la facilità con cui il governo è riuscito a creare questo piccolo successo partendo da zero e in pochi anni. Come si spiega questo risultato?

Alcuni analisti sostengono che il segreto di questo traguardo risieda nel sistema fiscale irlandese che tutela le imprese fiscalmente apolidi. Per avere residenza fiscale in Irlanda l’impresa deve essere registrata a Dublino ed essere controllata in Irlanda. Negli USA è necessario solamente che sia registrata su suolo americano. Le società multinazionali sfruttano queste differenze tra i due Paesi per trarne benefici fiscali. Ad esempio, Apple è registrata nel registro delle imprese irlandese, ma è di fatto controllata in California. Questo stratagemma rende la società di Cupertino priva di residenza fiscale e il Senato americano sostiene che questo espediente abbia aiutato Apple a sottrarre al calcolo impositivo circa 40 miliardi di dollari: un incentivo non indifferente per investire in Irlanda. Sotto questo punto di vista l’Irlanda non rappresenterebbe un vero e proprio hub tecnologico, ma solamente un paradiso fiscale destinato a perdere competitività in futuro, quando l’Unione Europea richiederà regole fiscali più stringenti a Dublino.

Altri opinionisti affermano invece che il sistema fiscale sia solo uno dei fattori alla base del successo tecnologico irlandese. Questo si è avuto attraverso un processo sviluppatosi negli anni. Il governo irlandese prima ha attratto le multinazionali con un sistema fiscale e normativo accattivante, poi le ha trattenute nell’economia irlandese grazie allo sviluppo d’infrastrutture ad hoc e a una serie di vantaggi intrinsechi al Paese come una time zone conveniente e una popolazione che parla principalmente inglese. Una volta stabilizzate le multinazionali, si è generato un ambiente socio-culturale favorevole allo sviluppo della tech-economy con sinergie tra università, grandi compagnie, investitori e startup. Tutto ciò ha favorito la creazione di posti di lavoro e l’afflusso di capitali esteri, dando uno stimolo all’economia irlandese. Sotto questo punto di vista l’Irlanda sarebbe un hub tecnologico destinato a espandersi sempre più e ad attrarre, creare nuove imprese.

L’Irlanda non è l’unico Paese ad aver vissuto quest’ascesa del settore tecnologico nella propria economia. Fra tutti spiccano gli Stati Uniti con la Silicon Valley, ma non si può dimenticare il caso di Israele che, da semplice centro di ricerca e sviluppo delle imprese americane, è diventato un importante fulcro tecnologico nel panorama medio-orientale e mondiale. Ogni Paese ha sviluppato processi diversi, basati sul proprio background culturale ed economico, ma il risultato è simile. La creazione di un settore tecnologico competitivo con l’ingresso d’imprese e capitali esteri ha aiutato le economie a rischio di molti Paesi. È sufficiente trovare una leva con cui attivare il processo, com’è successo in Irlanda con il sistema fiscale.

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