La Cina E i Videogiochi, Quando la Passione E’ Malata

Provincia del Guangdong, Cina. Una coppia di operai, non sposati, ha un figlio. Dopo soli pochi giorni, il neonato è venduto ad una banda di trafficanti di bambini.  Passano pochi anni e la scena si ripete: anche il secondogenito viene infine venduto dalla coppia per una non specificata somma di denaro alla stessa banda. Quando vengono scoperti, il padre e la madre vengono arrestati e condannati, ma non è comunicata l’estensione di tale condanna. Scene come questa avvengono molto frequentemente in Cina: molte volte i genitori dei ceti meno abbienti non sono in grado di mantenere i figli e si ritrovano costretti a venderli a bande criminali o a genitori sterili in cambio di una somma di denaro. Quello  che però è sconcertante, in questo caso,  è l’utilizzo del ricavato.

Una volta arrestati, i due hanno dichiarato di non aver mai desiderato figli, né di avere alcuna intenzione di mantenerli una volta nati. Il padre poi ammesso di aver speso il denaro ricevuto in cambio dei figli per dei crediti in-game di un videogioco MMO (Massive Multiplayer Online) non specificato.

Onde evitare di demonizzare gratuitamente l’entertainment videoludico, è tuttavia molto importante sottolineare come il gaming in Cina sia vissuto secondo forme e norme notevolmente differenti rispetto a quelle occidentali. Dal punto di vista della cultura videoludica, il mondo si può dividere sostanzialmente in tre macroregioni: l’Occidente, comprensivo di Europa, Oceania e Americhe; l’Asia, in particolar modo le nazioni dell’Estremo Oriente come Cina, Corea del Sud e Taiwan; ed infine il Giappone. Nei nostri Paesi, l’immagine che si ha più sovente di un giocatore è senz’altro quella di chi si siede comodo sul divano e si diverte con una console da gioco, collegata ad un televisore. Per questo si può affermare che il pubblico occidentale sia attratto principalmente dal gaming domestico, preferendo tendenzialmente le console rispetto al pc, anche se non mancano le console portatili o il gaming su tablet e smartphone.

Il Giappone è invece la patria del “gaming on-the-go”: l’esperienza videoludica avviene soprattutto al fuori di casa, grazie al successo di locali come gli arcade e le sale giochi, molto più grandi e popolari di quelli occidentali, e grazie alla netta preferenza per le console portatili rispetto a quelle domestiche, il cui mercato è calato del 16% nel solo 2013.