C’è un settore finanziario di nicchia che da 10 anni a questa parte ha fatto registrare un tasso di crescita annuo del 15%, il 50% superiore rispetto al settore bancario tradizionale. Nonostante la finanza globale stenti a riconquistare la fiducia degli operatori, la “finanza islamica” si sta facendo notare in tutto il mondo. Le masse gestite sono stimate raggiungere circa 1,5 trilioni di euro nel 2014 e, attualmente, il settore convoglia solo l’1% delle attività finanziarie mondiali. Esportata dal mondo islamico dagli anni 2000 con destinazione prevalentemente USA ed UK, la finanza islamica ha da subito ottenuto un forte apprezzamento in tutto il mondo. Numerose sono oggi le istituzioni finanziarie che se ne occupano, islamiche e non, come i colossi mondiali HSBC, BNP Paribas e Citibank, solo per citarne alcuni.
Ma cos’è la finanza islamica? Forse ai più rimane un ambito sconosciuto, ma, in realtà, soprattutto grazie alla crisi finanziaria, essa ha riscontrato notevole successo. Basata sulla Sharia – la legge sacra islamica fondata sul Corano – potremmo quasi definirla una finanza etica, poiché si basa su tre principi chiave molto importanti:
1. Non esiste un valore temporale del denaro: il denaro non può creare denaro e quindi gli interessi sono banditi e ritenuti usura.
2. La speculazione è vietata.
3. Gli strumenti finanziari “Sharia compliant” devono avere come sottostante attività reali, quindi escludono implicitamente l’utilizzo di derivati.
4. Queste attività reali devono essere riconosciute come legali dal Corano, quindi sono esclusi business legati a maiale, alcool, tabacco, gioco d’azzardo e prostituzione.