La Francia a Caccia del “Made in Italy”: Tragedia o Opportunità?

Il trend ormai è chiaro a tutti e non desta quasi più notizia: pezzo dopo pezzo, anno dopo anno, i cugini d’Oltralpe stanno comprando tasselli importanti del “Made in Italy”, sollevando ogni volta ondate di preoccupazione e sdegno fino a risvegliare momentaneamente un assopito orgoglio italico. Come in una nuova invasione napoleonica, numerosi sono i buyer che decidono di valicare le Alpi per fare incetta dei gioielli del Belpaese. Solo che questa volta a finire nel bottino non sono più i vari Raffaello, Caravaggio o Tiziano, come ai tempi di Bonaparte, ma Bulgari, Parmalat , Edison ed altri asset strategici del nostro tessuto economico.

Una rapida analisi delle operazioni di M&A fornisce dati lampanti: dal 2001 si sono registrate ben 306 operazioni Francia su Italia, per un valore di circa 60 miliardi di euro, contro le 64 totalizzate da imprese italiane su società francesi per un valore circa 5 volte minore. E le istituzioni? Di certo non stanno a guardare: quando va bene, le misure atte ad arginare tale emorragia non sortiscono alcun effetto, mentre il più delle volte invece finiscono per sortire l’effetto opposto. Forti di una retorica gonfia di patriottismo, svariati governi hanno cercato di bloccare le acquisizioni per “salvare” il Made in Italy, senza però la capacità e la lungimiranza necessarie per offrire una valida alternativa.