La crisi ha portato gli italiani a dare nuovamente valore a uno dei cavalli di battaglia del nostro Paese: il buon cibo.
La food fever è partita qualche anno fa dal piccolo schermo, dove protagonisti indiscussi dei palinsesti si sono ritrovati inaspettatamente ai fornelli: da La prova del cuoco di Antonella Clerici, a Cotto e mangiato di Benedetta Parodi, dal reality Il boss delle torte (Cake Boss) al celebre Masterchef. Gare, consigli utili sulla presentazione dei piatti, ricette, e centinaia di libri e rubriche, la cucina è tornata ad essere la passione principale degli italiani. Indicative sono sicuramente le nuove tendenze a intraprendere viaggi enogastronomici, a frequentare corsi di cake design, e alla nascita di riti che non fanno propriamente parte della nostra tradizione, come il brunch domenicale.
Nel 2011 in Italia, esplode il fenomeno dei food blog. Specializzati in piatti senza glutine, vegetariani, etnici, dietetici, sono decine di migliaia le persone che per hobby, o per mestiere, decidono di condividere i propri segreti culinari, arricchendo una memoria ormai carente di ricordi familiari. Consigli, problemi comuni, e tante, tantissime foto. La food photography grazie anche a pagine Facebook e app come Instagram, è diventata una vera mania.
La nascita di programmi televisivi di successo ha dato estrema visibilità a una professione spesso sottovalutata come quella dello chef. La fama di professionisti come Gordon Ramsay, Carlo Cracco e Simone Rugiati ha in qualche modo trasformato la figura dello chef, che è divenuto uno dei mestieri più ambiti dagli italiani. Niente calciatori, astronauti, o attori. Il piccolo schermo ci ha dato l’idea del meraviglioso mondo dei professionisti dei fornelli. Non sono molti i ragazzi che riescono ad arrivare alla fama mondiale, ma chi ce la fa ottiene retribuzioni altissime e viaggi in giro per il mondo. Insomma, una vita agiata.
Secondo un sondaggio della Coldiretti, il 54% dei giovani preferirebbe lavorare in un agriturismo piuttosto che in una banca o in una multinazionale. Una vera e propria rivoluzione culturale, a conferma del fatto che la crisi ha radicalmente cambiato le aspirazioni professionali dei giovani. Per l’anno scolastico 2013/1014, si è registrato un vero e proprio boom di iscrizioni nel settore food: sono stati 46.636 gli iscritti alle prime classi degli istituti per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (quasi uno studente su 10 dei neoiscritti alle superiori), mentre sono salite a 13.378 quelle agli istituti professionali e tecnici di agraria. Specializzarsi nel settore culinario assicura una formazione completa, alla cui base c’è disciplina, ordine e organizzazione, oltre che alla comunicazione per instaurare un buon rapporto con la clientela.
Le iscrizioni agli istituti professionali per le produzioni industriali, manutenzione e assistenza tecnica, si sono invece dimezzate, arrivando solo a 21.521. Numeri che contribuiscono a dipingere il futuro del nostro Paese, in cui si avranno probabilmente due cuochi per ogni operaio. Il 50% degli italiani ritiene che le professioni di cuoco e agricoltore abbiano maggiori possibilità di lavoro, contro l’11% che crede nei possibili sbocchi occupazionali di un operaio.
La fiducia nei confronti del settore dell’alimentazione, anche a seguito della crisi occupazionale causata dalla recessione, è confermata persino dalle iscrizioni universitarie: si è registrato un aumento del 45% nelle iscrizioni alle facoltà di scienze agrarie, forestali e alimentari. Un vero e proprio record.
In un momento così difficile per la nostra economia, i giovani stanno scegliendo di investire in un settore, quello del food, che crea ancora occupazione. Per tornare a guardare al futuro con ottimismo, e per affrontare la crisi nel migliore dei modi, si torna dunque alle origini, puntando sugli aspetti che più ci hanno fatto grandi nel mondo. Dall’arte alla cultura, dal turismo alla cura del territorio, ma soprattutto sulla cucina più buona del mondo.