La Sfida dei Lego

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1 miliardo di corone danesi, circa 150 milioni di dollari, e 100 ricercatori al lavoro nel LEGO Sustainable Materials Centre, a Billund, in Danimarca: ecco quello che –si spera- servirà alla LEGO per inventare un nuovo materiale con cui costruire i mitici mattoncini.

Dopo 53 anni, la scorsa estate l’azienda danese ha deciso che è ora di dire addio alla plastica, annunciando l’intenzione di sostituirla con un materiale sostenibile. La definizione stessa di sostenibile fa scaturire molti interrogativi, perché coinvolge fattori diversi: un materiale è sostenibile quando non ha un impatto negativo sull’ambiente o sulle persone che lavorano nella filiera produttiva, se non contiene alcun elemento artificiale o che tende ad accumularsi in natura, se non comporta l’esaurimento delle materie prime che lo compongono e se il suo smaltimento completo è possibile.

La LEGO è senza dubbio un caso particolare nello scenario della sostenibilità industriale: è generalmente percepita come molto attenta agli impatti socio ambientali della propria attività, nonostante ogni anno sparga per il mondo 60 miliardi di pezzetti di plastica colorata, e il fatto che la società sia votata alla sostenibilità è dimostrato dal passo apparentemente suicida di voler stravolgere l’approccio ai materiali utilizzati.

La verità è che volendo evolversi in modo sostenibile non rimane molto altro da fare: mulini a vento forniscono energia alle fabbriche, carta e cartone sono certificati FSC, lo scorso anno sono stati riciclati 70 milioni di LEGO. In questo momento, tre quarti delle emissioni del ciclo di vita sono prodotte prima che la materia prima arrivi nelle fabbriche LEGO. La possibilità di un passaggio intermedio, che preveda l’utilizzo di plastica riciclata, è stata esclusa perché non permetterebbe di garantire qualità e sicurezza a livelli adeguati, per cui non resta che inventarsi qualcosa di nuovo.

L’obiettivo del gruppo LEGO è di arrivare ad usare solo materiali sostenibili entro il 2030, dicendo addio all’ABS (acrilonitrile butadiene stirene) di cui sono da sempre fatti i mattoncini. Oltre a costruire il proprio centro di ricerca, il Gruppo LEGO ha invitato altre società che utilizzano materiali plastici a partecipare al progetto, e sta lavorando con università sparse per il mondo per fare il punto di quali sono i materiali bio plastici più innovativi. È infatti molto probabile che il risultato dei prossimi 15 anni di ricerche non sia altro che nuova plastica: solo, plastica che non si fa con il petrolio, ma con alghe, o mais, bucce di banana, gamberi.

Il nuovo centro di ricerca dovrebbe aprire i battenti durante il 2016. Nel frattempo, se ancora non lo conoscete, guardatevi “Everything is not awesome”, video denuncia pubblicato da Greenpeace nel 2014 (**) che usa i LEGO per denunciare i danni ambientali provocati da Shell: giusto un tantino drammatico (persino Babbo Natale finisce sommerso dall’oro nero), ma rende l’idea di quanto i signori LEGO possano sentire pressante l’incertezza per il futuro dei loro mattoni colorati.

Gaia Cacciabue per SpazioEconomia