Con una popolazione di 80 milioni di abitanti, la Repubblica Islamica dell’Iran risulta essere un paese popolato per la stragrande maggioranza da musulmani aderenti all’Islam sciita, che nel 2011 rappresentavano il 93% degli iraniani. Nonostante questa prevalenza, non mancano le minoranze religiose quali gli zoroastriani (ovvero gli appartenenti alla religione della Persia pre-islamica), i baha’i (credo monoteista nato nell’Iran del XIX secolo), i mandei (piccola comunità gnostica presente in Iran e Iraq), gli ebrei ed i cristiani di diverse denominazioni. Queste minoranze sono circa l’1% della popolazione, concentrate per la maggior parte in grandi centri urbani quali Teheran e Isfahan (il 50% dei cristiani iraniani, ad esempio, risiede nella capitale). Vi è nel paese anche un 6% di musulmani sunniti e uno 0,2% di atei e agnostici.
Sul piano strettamente giuridico, l’Iran riconosce ufficialmente nell’art. 13 della Costituzione la presenza del cristianesimo, dell’ebraismo e dello zoroastrismo sul suolo iraniano, religioni che costituzionalmente godono di libertà di culto e contro cui le discriminazioni sono teoricamente punite a norma di legge. La Costituzione iraniana proibisce inoltre che si possa indagare sull’orientamento religioso di terzi. Già nel corso della Rivoluzione islamica del 1979 l’ayatollah Khomeini aveva emanato una fatwa che imponeva ai suoi seguaci di trattare con riguardo cristiani, ebrei e zoroastriani. I mandei, per quanto non si definiscano cristiani ed effettivamente non lo siano, vengono classificati come tali dal governo e sono rappresentati insieme con i cristiani, decisione dovuta probabilmente al loro scarsissimo numero (si parla di circa 10.000 persone, in massima parte nell’Iran meridionale). Inoltre, 5 dei 270 seggi del parlamento iraniano (Majles) sono riservati ai rappresentanti dei cristiani, degli ebrei e degli zoroastriani. I sunniti, pur non avendo seggi, possono comunque prendere parte alle elezioni. Il governo iraniano permette poi che le minoranze religiose istituiscano legalmente delle scuole in cui venga impartito insegnamento religioso ai suoi alunni. È per loro possibile anche stabilire centri sportivi, associazioni culturali e attività caritatevoli, mantenendo tali strutture a loro spese. Nel quadro delle teocrazie islamiche, l’Iran risulta quindi essere quella oggettivamente più tollerante verso le minoranze religiose, se paragonato ad esempio con l’Arabia Saudita la disparità di trattamento ad esse riservato è evidente.
Non tutti però godono di questo trattamento: la minoranza baha’i dal 1979 (anno dell’instaurazione della repubblica islamica) è soggetta ad una vera e propria persecuzione che ha visto la distruzione di diversi luoghi di culto, l’assassinio di numerosi suoi membri e che ha sottoposto i baha’i a restrizioni e vessazioni legali di vario genere. Inutile dire che questa denominazione religiosa non gode di alcun riconoscimento ufficiale da parte dello Stato iraniano, che la tratta non come una religione ma come una fazione politica contraria al khomeinismo e sostenitrice del deposto shah Reza Pahlavi, foraggiando sentimenti anti-baha’i nel paese. Anche i sufi, ovvero gli aderenti alla corrente mistica dell’Islam nota come sufismo, hanno subito diverse limitazioni, pur non venendo vessati quanto i baha’i. Nemmeno gli atei e gli agnostici godono di alcun riconoscimento da parte della legge iraniana, e il non avere uno status legale comporta pesanti conseguenze in quanto a diritti negati (non è raro di conseguenza che numerosi iraniani atei o agnostici pubblicamente si professino musulmani pur non essendolo). Inoltre, la libertà religiosa in Iran è ben lontana dall’essere assoluta, essendo il paese retto da una teocrazia sciita (si ricordi che in Iran l’Islam non è semplicemente considerato religione di Stato, ma è lo Stato ad essere ritenuto uno strumento della volontà divina) che punisce l’apostasia dall’Islam con pene molto severe che possono arrivare fino alla pena di morte (anche se quest’ultima è scarsamente applicata per apostasia) e che colpiscono sia l’apostata che colui che tenta di convertire un musulmano ad un’altra religione (tali pene si applicano a prescindere se l’apostata sia sciita o sunnita). Si consideri però come negli ultimi 25 anni non siano mai state eseguite condanne a morte per apostasia in Iran, per quanto diverse sentenze a riguardo siano state invece pronunciate. Un uomo non musulmano non può poi sposare una donna musulmana, il contrario invece è permesso, ma la donna sul piano legale diventa automaticamente islamica. Per quanto riguarda la sfera politica, è riconosciuto alle minoranze religiose il diritto di voto, ma non quello di essere eletti presidente. Esse svolgono il servizio militare di leva esattamente come gli sciiti, e se ne hanno i titoli possono giungere al grado di ufficiale durante la leva, ma gli è precluso il poter diventare ufficiali di carriera. Non è poi così raro che i rappresentanti delle minoranze religiose denuncino dei trattamenti vessatori subiti a detta loro con la tolleranza, se non il diretto sostegno, delle autorità.
Nel complesso, la Repubblica Islamica dell’Iran garantisce entro certi limiti la libertà di culto e di associazione alle minoranze cristiane, ebraiche e zoroastriane (ma, come si è visto, non ai baha’i), senza però garantire una piena libertà religiosa che includa la possibilità di fare proselitismo per i non musulmani e quella di cambiare religione per i musulmani, entrambe punite molto severamente dalla legge.