La storia della telefonata inizia in un laboratorio di Boston il 10 marzo del 1876. Lo scienziato Alexander Graham Bell, utilizzando un ricevitore elettromagnetico, riuscì a far viaggiare il suono delle proprie parole attraverso l’etere e a raggiungere in tal modo il suo assistente Watson, che si trovava nella stanza accanto. Le prima frase pronunciata fu “Signor Watson, venga qui, ho bisogno di parlarle”.
Da quella prima chiamata, i progressi fatti nel corso degli anni sono stati enormi. La rivoluzione scaturita da questo fenomenale metodo di comunicazione, che alla fine del diciannovesimo secolo poteva solamente essere immaginato nelle fervide fantasie degli scrittori, ha avuto sicuramente un impatto cruciale sullo sviluppo del genere umano. Basti pensare che la comunicazione tramite onde elettromagnetiche costituisce la base dei moderni sistemi di mass media come radio, internet e televisione.
Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Precisamente, durante l’autunno del 2007. Infatti in quei 3 mesi, secondo le analisi di Niesen, il numero di chiamate effettuate mediamente da una persona in un mese (213) sono state inferiori al numero medio di messaggi di testo (218) per la prima volta nella storia. E ovviamente questo gap è andato di anno in anno sempre più ad aumentare, fino a che attualmente il numero medio di messaggi è andato a superare di gran lunga quello delle chiamate.
Questo fatto, come è evidente a chiunque possegga uno smartphone con connessione internet, è stato sicuramente influenzato dall’avvento delle applicazioni di messaggistica istantanea, in primis Whatsapp, Telegram o Viber che riescono sempre meglio a dotare il processo del “messaggiare” dell’immediatezza che caratterizza le conversazioni a voce.
La telefonata e il cambiamento sociale in atto
Ma quali sono le ragioni di natura “sociale” alla base di questo cambiamento? É ormai sempre più evidente come l’impatto sulla conversazione sia differente, a seconda che si decida di chiamare una persona o parlarci via messaggio. Innanzitutto, con i messaggi non si è costretti a concedere un feedback immediato all’ultima affermazione dell’altra persona. Ci si prende più tempo, si misurano le parole da usare e ci si mostra spesso con maggiore sicurezza. A chi non capita di leggere gli ultimi messaggi ricevuti dalle anteprime mostrate sullo schermo dello smartphone, ed attendere un po’ prima di visualizzare (dando così all’altro la conferma di avvenuta lettura, come avviene con Whatsapp) e rispondere?
Un fattore importante che entra in campo in questa situazione è la confidenza che si ha con la persona con cui si parla. Più si è in confidenza, meno problemi ci si fa ad alzare la cornetta e parlare a voce. Mentre ciò avviene più raramente con persone con cui si ha un contatto più distaccato, ad esempio un collega di lavoro, una persona con cui si sta uscendo da poco o un compagno di corso appena conosciuto.
Questi fattori, uniti al fatto che le app di messaggistica cercano sempre più di “umanizzare” le conversazioni (basti pensare alle emoji, o alla possibilità di inviare messaggi vocali) hanno relegato le chiamate vocali in una nicchia riservata a sempre meno persone nelle nostre vite. Che sia vero che i rapporti tra le persone stiano diventando più freddi e distaccati a causa della tecnologia?