La Coca Cola, che ha sede ad Atlanta, in Georgia, ha affermato che condurrà, tramite terze parti, test sociali, ambientali e sui diritti umani partendo da Brasile, Colombia, Guatemala, India, Filippine, Thailandia e Sud Africa. Queste regioni, ritenute di importanza strategica dalla società americana, sono tra le top 16 dalle quali Coca Cola ricava zucchero di canna. Nonostante ciò, 6 di queste sono state identificate come violatori dei diritti umani dal Dipartimento del Lavoro americano e i controlli avranno inizio quest’anno in Colombia e Guatemala e copriranno tutti i restanti Paesi entro il 2020.
Lo zucchero è un ingrediente chiave per le società produttrici di cibo e bevande: il 51% dello zucchero prodotto finisce infatti in processi di produzione di alimenti tra cui soft drinks, dolci e gelati. Per la sua produzione ci si serve spesso di terreni utili alla produzione di alimenti generici per un totale di circa 31 milioni di ettari, un’area pari circa a quella dell’Italia. Dal 2000, secondo Oxfam, sono stati stipulati circa 100 grandi contratti di produzione dello zucchero in grado di occupare almeno 4 milioni di ettari. La reazione di Coca Cola segue una richiesta da parte dei consumatori guidata da un report pubblicato da Oxfam, un network di organizzazioni contro la povertà globale chiamato “Sugar Rush”, o "Zucchero Amaro", il quale sostiene che lo zucchero, insieme con soia e olio di semi, sia spesso causa di land grabbing ai danni di piccoli produttori locali e delle rispettive famiglie.