Tanto tempo fa (circa 245 milioni di anni) l’Antartide era ricoperta da una vasta foresta fossile triassica, molto probabilmente abbattuta da una o più piene alluvionali catastrofiche, con i tronchi trascinati dalla corrente del fiume e poi abbandonati nei sedimenti. A fare questa sensazionale scoperta è stato un team di ricercatori di cui fanno parte anche tre italiani dell’Università di Siena, Gianluca Cornamusini, Matteo Perotti e Sonia Sandroni. I tre, che ora sono in viaggio sulla nave Italica dall’Antartide alla Nuova Zelanda, hanno studiato una delle più vaste e rilevanti foreste fossili del Polo Sud e hanno svolto la parte principale dell’attività di ricerca utilizzando un campo remoto ad Allan Hills, in rilievi distanti oltre 200 km dalla base scientifica italiana Mario Zucchelli, nella Terra Vittoria. Attività di ricerca condotta durante avverse condizioni ambientali. Basti pensare che nei primi giorni le raffiche di vento fino a 40 nodi hanno portato la temperatura percepita a circa -55°C.
Il team di ricerca
L’attività è stata svolta nel progetto di ricerca, coordinato da Franco Talarico, docente del dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’Ambiente, che prevede collaborazioni internazionali con ricercatori americani e tedeschi e coinvolge anche ricercatori degli atenei di Padova, Perugia e di Roma Tre e del Cnr.
La scoperta
I tronchi e gli alberi fossili abbattuti erano già stati identificati dal gruppo di ricerca in due spedizioni precedenti. I tronchi sono inglobati nella roccia, data da arenarie prodotte dall’attività di un antico sistema fluviale di età del Triassico medio (circa 245 milioni di anni di età) ed affiorano su di una superficie vasta alcuni km quadrati, sottoforma di legno silicizzato ed in parte carbonizzato. Nonostante la mineralizzazione, dallo studio sono emersi nuovi ed importanti dettagli anatomici dei legni originari, come gli anelli di crescita, la struttura lignea, i nodi di innesto dei rami sui tronchi, gli apparati radicali, che si sono perfettamente preservati durante il processo di fossilizzazione.
Oltre ai tronchi fossilizzati sono state rinvenute numerose impronte di foglie fossili (foto qui sopra), che permettono una migliore identificazione delle piante. I nuovi ritrovamenti effettuati quest’anno hanno permesso di identificare, mappare e schedare, tramite l’ausilio di tablet dedicati, sistemi gps con mappe georeferenziate e immagini satellitari ad alta risoluzione, oltre 250 tronchi fossili, che fanno di Allan Hills uno dei giacimenti a fossili vegetali più grandi e importanti dell’Antartide, meritevole di essere proposto come geosito di interesse internazionale ed area protetta antartica.
L’estinzione della foresta
Le piene catastrofiche hanno probabilmente caratterizzato parte del Triassico inferiore e medio alla scala dell’intero Gondwana meridionale (il supercontinente che comprendeva l’America del Sud, l’Africa meridionale, l’India, l’Australia ed appunto l’Antartide) e distrutto enormi aree vegetate. Questi eventi potrebbero essere in relazione con le forti variazioni climatiche caratteristiche di tale periodo, conseguenza di una fase estremamente critica della storia della Terra, ovvero una delle più grandi estinzioni di massa, che avrebbe totalmente distrutto oltre il 95% delle specie animali e vegetali.
Le osservazioni dirette sugli affioramenti in Antartide e i dati che verranno raccolti durante le analisi dei campioni in laboratorio permetteranno di estrarre dalla foresta fossile di Allan Hills informazioni essenziali per la ricostruzione degli scenari ambientali in Antartide durante uno degli eventi di cambiamento globale più cruciali della storia del nostro pianeta